In Parlamento

Decretone: stop alla vendita di alcolici ai minori . Stretta sui giochi, scontro sui farmaci e via libera alle cure primarie

Via libera in commissione Affari sociali alla Camera al divieto di vendita di bevande alcoliche ai minori di 18 anni. Con sanzioni amministrative da 250 a mille euro per chi trasgredisce. Le sanzioni vanno da 500 a 2mila euro se il fatto é commesso più di una volta dall'esercente. Lo prevede un emendamento al decreto sanità del ministro Balduzzi.

La proposta di modifica,appena approvata, é stata scritta dai relatori (Lucio Barani, Pdl, e Livia Turco, Pd) raccogliendo gli emendamenti presentati dai deputati. «Chiunque venda bevande alcoliche ha l'obbligo di chiedere all'acquirente, all'atto dell'acquisto, l'esibizione di un documento di identità». A meno che la maggiore età non sia «manifesta» dice l'emendamento approvato.

Chi trasgredisce incappa in una sanzione amministrativa pecuniaria da 250 a 1.000 euro. Se la trasgressione si ripete la sanzione va da 500 a 2.000 euro con sospensione di tre mesi dell'attività di vendita.

Stretta anche sulla pubblicità dei giochi con vincita in denaro. Alcuni emendamenti approvati in commissione Affari sociali al decreto sanità (a prima firma del Pd Sarubbi) prevedono che non si possano trasmettere spot in tv mezzora prima e mezzora dopo programmi destinati ai minori.
Così come non si potrà fare pubblicità al cinema (sempre per film destinati ai minori) nè sulla stampa giornaliera e periodica dedicata agli under 18.

Divieto di giochi on line poi nei pubblici esercizi. «È vietata - si legge nell'emendamento approvato - la messa a disposizione presso qualsiasi pubblico esercizio di apparecchiature che, attraverso la connesisone telematica, consentano ai clienti di giocaresulle piattaforme di gioco messe a disposizione dai concessionari on-line» e da soggetti che non abbiano le concessioni rilasciate dalle competenti autorità.

E' stato approvato sempre questa mattina un emendamento che estende le tutele previste dal decreto Balduzzi grazie a visite mediche e controlli ad hoc anche ai bambini dai 6 anni in poi: Torna poi la dizione di «certificazione specialistica medica in strutture pubbliche o private», e comunque al compimento dei 6 anni di vita, a eccezione dell'ora di educazione fisica nell'orario scolastico.
Per salvaguardare la salute dei cittadini che praticano un'attività sportiva non agonistica o amatoriale, dunque, il ministro della Salute, con proprio decreto, adottato di concerto con il ministro delegato al Turismo e allo sport, dispone garanzie sanitarie mediante l'obbligo di idonea «certificazione specialistica medica in strutture pubbliche o private», da eseguire anche sui giovanissimi. Il dicastero disporrà inoltre le linee guida per effettuare controlli sanitari sui praticanti e per la dotazione e l'impiego, da parte di società sportive «sia professionistiche che dilettantistiche», di defibrillatori semiautomatici e di eventuali altri dispositivi salvavita.

E in commissione è scontro sul capitolo farmaci . Il partito democratico definisce «il trionfo delle lobby» gli emendamenti approvati con il voto favorevole di Pdl, Lega e Udc.
«E' stata scritta una pagina penosissima del Parlamento - sbotta Livia Turco, relatrice del provvedimento per il Pd - pagina che ha segnato il trionfo di Farmindustria. è Stata fatta una marchetta spudorata e i partiti che l'hanno votata l'hanno motivata, Udc compresa, con la tutela della salute del cittadino. Ma che tutela é lasciare nel prontuario dei farmaci anche quelli che non servono?».

Sotto accusa l'emendamento a firma dell'ex sottosegretario del Governo Berlusconi Laura Ravetto che, in pratica, fa fuori un pezzo del decreto Balduzzi. Con il risultato che nel prontuario restano anche i medicinali la cui efficacia «non é sufficientemente dimostrata alla luce delle evidenze rese disponibili dopo l'immissione in commercio». Farmaci destinati a finire in fascia C e che ora non ci andranno. E per quelli che non soddisfano il criterio di economicità in rapporto al risultato terapeutico previsto salta la procedura di rinegoziazione del prezzo.

Tagliati fuori anche i commi 3 e 4 dell'articolo 11. Su questo emendamento il ministro aveva dato parere negativo ma il Governo é andato sotto. Il decreto prevedeva che potessero essere utilizzati off label con un profilo di sicurezza «non inferiore a quella del farmaco autorizzato» in Italia come alternativa terapeutica se meno costosi rispetto alla terapia ufficiale.
Al comma 4 era autorizzato lo sconfezionamento dei farmaci per terapie personalizzate all'interno delle farmacie ospedaliere.
«Avete ceduto ai lobbisti», hanno ripetuto gli esponenti del Pd a chi ha votato sì alle modifiche e, in particolare, alla Ravetto. Che ha risposto, lasciando la commissione, «e voi l'avete presa sul personale...».


Le norme sui farmaci erano «volte a realizzare il migliore equilibrio possibile tra le esigenze dell'industria e quelle della salute dei cittadini», ha commentato il ministro della Salute, Renato Balduzzi, al termine della seduta della commissione Affari sociali. L'obiettivo era quello, spiega, di portare l'industria «verso traguardi più vicini a quelli del Servizio sanitario nazionale».
Peraltro, «l'insieme delle norme non era volto a penalizzare l'industria ma a dare maggiori certezze» ad esempio "«u tempi e tutela dei brevetti». Con la revisione del prontuario c'erano norme «volte ad assicurare la tutela della salute e la capacità di avere farmaci di efficacia attuale», mentre con quelle sull'uso dei farmaci 'ff label si puntava a «consentire in casi limite che non ci fossero ricadute negative per l'Ssn» liberando risorse.

Infine, approvato l'articolo 1 nella nuova formulazione (anticipata su questo sito: VEDI ).

Entro 180 giorni dalla data della conversione in legge del decreto ci sarà un "rinnovo delle convenzioni nazionali dei medici di famiglia, dei pediatri e degli specialisti ambulatoriali. Le Regioni potranno impiegare anche personale dipendente nelle nuove strutture multiprofessionali. Le
aziende sanitarie potranno stipulare accordi per l'erogazione di specifiche
attività assistenziali per i pazienti cronici. Non sono state toccate, invece, le misure sulla mobilità del personale e quelle sul ruolo unico del medico di medicina generale.
Obiettivo della riforma: garantire ai cittadini l'assistenza sanitaria sul territorio h24, sette giorni su 7. Secondo il nuovo testo, sono «le Regioni che definiscono l'organizzazione dei servizi territoriali di assistenza primaria curando l'integrazione con il sociale e i servizi ospedalieri, al fine di migliorare il livello di efficienza e di capacità di presa in carico dei cittadini, secondo modalita' operative che prevedono forme organizzative
monoprofessionali, denominate aggregazioni funzionali territoriali, che condividono, in forma strutturata, obiettivi e percorsi assistenziali, strumenti di valutazione della qualita' assistenziale, linee guida, audit, nonchè forme organizzative multiprofessionali, denominate unità complesse di cure primarie, che erogano prestazioni assistenziali tramite il coordinamento e l'integrazione dei medici, degli infermieri e degli altri professionisti delle cure primarie e del sociale a rilevanza sanitaria».
Il personale sul territorio è convenzionato con il Ssn, ma «le Regioni possono prevedere la presenza nelle medesime strutture di personale dipendente in posizione di comando ove il soggetto pubblico incaricato dell'assistenza territoriale sia diverso dalla struttura di appartenenza. Il personale convenzionato è costituito dai medici di medicina generale, dai pediatri di libera scelta e dagli specialisti ambulatoriali. Per i medici di medicina generale viene istituito il ruolo unico, disciplinato dalla convenzione nazionale».

La convenzione da stipulare entro 180 giorni servirà all'«adeguamento degli accordi collettivi nazionali», «nel limite dei livelli remunerativi» fissati dagli accordi vigenti. In sostanza, rinnovi a costo zero.
Dopo la stipula delle nuove convenzioni, entro i successivi 90 giorni dovranno poi essere emanati i decreti attuativi regionali. Decorsi questi termini servirà poi un decreto attuativo del ministro della Salute, di concerto con quello dell'Economia, sentita la conferenza delle Regioni e i sindacati maggiormente rappresentativi per adeguare le convenzioni alle nuove misure in termini di ruolo unico del medico di medicina generale.

Immediata la reazione di Fimmg, Fimp e Sumai che avevano già giudicato il testo come il «superamento di garanzie fondamentali poste dalla Costituzione a presidio della libertà individuale e collettiva in Italia» e avevano promesso una «inevitabile reazione dura della categoria».

«Non passa inosservata - riferisce la nota dei sindacati - la zampata delle Regioni nella riscrittura che pur conservando nei primi quattro commi i contenuti fondamentali necessari a una riforma dell'assistenza territoriale, presenta due commi destabilizzanti in cui si prevede un tempo massimo di 180 giorni per le trattative, decorsi i quali senza successo il Governo interviene attraverso un decreto che corregge gli accordi di lavoro dei medici convenzionati, avendo solo sentito le organizzazioni sindacali».

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