In Parlamento

Cure primarie, parola alle Regioni: ecco in anteprima esclusiva il testo del nuovo articolo 1 del decretone

Sono le Regioni che definiscono l'organizzazione dei servizi territoriali di assistenza primaria. Con studi monoprofessionali o multiprofessionali (di preferenza), che condividono obiettivi e percorsi assistenziali, strumenti di valutazione della qualità assistenziale, linee guida e audit. Le Regioni disciplinano le unità complesse di cure primarie e del sociale e il tutto deve funzionare tutti i giorni della settimana per tutto l'arco della giornata anche grazie a una rete di poliambulatori territoriali dotati di strumentazioni di base e in collegamento telematico con le strutture ospedaliere.
I medici dovranno aderire d'obbligo al sistema informativo nazionale e partecipare all'implementazione della ricetta elettronica.
Il personale delle aggregazioni territoriali è convenzionato con il Ssn, ma le Regioni possono prevedere la presenza presso le strutture territoriali di personale dipendente in posizione di comando «ove il soggetto pubblico incaricato dell'assistenza territoriale sia diverso dalla struttura di appartenenza». E per i Mmg c'è il ruolo unico disciplinato dalla convenzione nazionale.

Con un'ampia premessa che detta queste regole e dà di fatto il comando delle cure primarie alle Regioni, aggiunta a molte parti del "vecchio articolo 1", si presenta la riscrittura delle norme sull'assistenza territoriale che oggi fa il suo ingresso alla commissione Affari sociali della Camera e che www.24oresanita.com è in grado di anticipare in esclusiva.

Per il resto l'articolo è pressoché identico a quello scritto nel decreto pubblicato in Gazzetta, tranne alcune soppressioni e l'aggiunta della previsione della possibilità per le aziende sanitarie di stipulare accordi per specifiche attività assistenziali per i cronici secondo modalità definite sempre a livello regionale.

Nel nuovo testo si legge anche che entro 180 giorni dalla conversione in legge del decreto si dovranno adeguare le convenzioni di Mmg, pediatri e specialisti solo per gli aspetti organizzativi e normativi e sempre nel limite «dei livelli remunerativi» fissati dagli accordi. Una convenzione "leggera" insomma. E nello stesso termine Salute, Economia, sentite le Regioni e i sindacati, dovranno disciplinare il ruolo unico.

Resta nel testo la previsione della possibilità di mobilità del personale da parte delle Regioni.

Gelida la reazione dei sindacati. Se il testo fosse questo - affermano Fimmg, Fimp e Sumai - «saremmo di fronte al superamento di garanzie fondamentali poste dalla Costituzione a presidio della libertà individuale e collettiva in Italia. Diverrebbe inevitabile la reazione più dura della categoria e ci auguriamo di tutti quelli che non confondono i doveri coi diritti». Secondo le tre sigle, «non passa inosservata la zampata delle Regioni nella riscrittura, che pur conservando nei primi quattro commi i contenuti fondamentali necessari a una riforma dell'assistenza territoriale, presenta due commi destabilizzanti in cui si prevede un tempo massimo di 180 giorni per le trattative, decorsi i quali senza successo il Governo interviene attraverso un decreto che "corregge" gli Accordi di lavoro dei medici convenzionati, avendo solo sentito le organizzazioni sindacali.
Viene così negata una prerogativa negoziale che credevamo garantita dalla Costituzione. Alle Regioni basterà tergiversare per sei mesi, lo stanno facendo da dieci anni, per poter essere sicure di scrivere il decreto con il prossimo Governo e non dover negoziare con i rappresentanti della categoria. Forse le Regioni in questo momento sono così fragili da temere anche un confronto diretto con i sindacati».

Se la versione pubblicata fosse quella definitiva - dicono Giacomo Milillo, Giuseppe Mele e Roberto Lala - «sarebbero obbligatorie le più forti reazioni di lotta da parte di tutti i medici convenzionati. Senza la garanzia di un Acn, dato l'atteggiamento arrogante e prevaricante delle Regioni, temiamo la definitiva omologazione dei medici convenzionati con quelli dipendenti e il completo superamento della scelta fiduciaria ora garantita al cittadino, col rischio che si faccia la fine della Catalogna, dove il medico è talmente subordinato alle aziende da richiedere la presenza di forze addette alla sicurezza per proteggerlo dalle reazioni dei pazienti.
Ci aspettiamo che venga salvaguardata la funzione e il ruolo della medicina convenzionata nelle future forme organizzative, evitando che le cure primarie possano essere riportate in capo al comparto della dipendenza».

Ed è intanto scontro intanto in commissione Affari sociali alla Camera tra la relatrice al Dl Balduzzi Livia Turco (Pd) e la deputata Udc Paola Binetti. Da più fronti (a lamentarsi apertamente sono Lega, Udc, Idv) nel corso del dibattito sul provvedimento sono emersi malumori sulle modalità di svolgimento. Uno scontento che oggi, all'uscita dalla commissione, è esploso tra le due deputate. «Ci stai togliendo tutto il lavoro parlamentare», ha detto Binetti a Turco. «I relatori hanno stravolto o riscritto ogni articolo». «Dovresti dirci grazie». ha risposto Turco. «Stiamo leggendo uno per uno tutti gli emendamenti, stiamo facendo un ottimo lavoro parlamentare». «Come si fa a dirvi grazie, non ci fate lavorare!», ha replicato Binetti. Poi la replica di Turco: «Ho letto i tuoi emendamenti e li so a memoria, sembrano belle poesie che c'entrano poco con la legge».

Malumori anche dal fronte Lega con Laura Molteni che parla di «assenza di democrazia» in riferimento al dibattito. «Ci ritroviamo - commenta - con gli articoli completamente riscritti. I funzionari del ministero sono sempre qui che lavorano, noi che ci stiamo a fare? Le modifiche apportate sono talmente rilevanti - continua - da comportare la violazione dell'obbligo di legge, ribadito anche dalla sentenza 22 del 2012 della Corte costituzionale, per cui é necessaria l'omogeneità tra il decreto e la legge di conversione».

Anche Antonio Palagiano, Idv, presidente della commissione parlamentare di inchiesta sugli errori in campo sanitario, si dice «deluso» dall'andamento del dibattito. «Tra emendamenti inammissibili, di cui si chiede il ritiro e bocciati è tutto un no».

E si fa sempre più forte la voce di un maxi emendamento finale che potrebbe arrivare con la richiesta di voto di fiducia in aula.

Sempre sul fronte sanitario poi non c'è pace nemmeno a livello regionale.

«Ho inviato questa mattina al presidente della Regione Lombardia, Roberto Formigoni, la richiesta formale di individuare le necessarie azioni per ricorrere, secondo la normativa vigente, alla Corte Costituzionale avverso il decreto Balduzzi e la spending review», ha dichiarato l'assessore alla Sanità della Lombardia Luciano Bresciani che fa sapere che si tratta di una richiesta di procedura urgente.

Bresciani si dice inoltre "molto preoccupato" dalle dichiarazioni non solo dell'Esecutivo ma anche di esponenti filo governativi che chiedono di rivedere profondamente il titolo V della Costituzione. «E' un attacco violento alle autonomie da parte di una cultura centralista per una restaurazione veterocomunista», afferma l'assessore leghista secondo cui, se il progetto dovesse ottenere il via libera del Cdm, «sarebbero minacciate le competenze regionali in tema di sanità che riguardano l'organizzazione, la funzione e la struttura dell'autonomia sanitaria regionale».