Medicina e Ricerca

Aids, i giovani sottovalutano il rischio della malattia. Indagine Doxa-Cesvi

L'infezione da HIV continua a propagarsi e l'AIDS rimane la pandemia che miete più vittime al mondo. In Italia, sono soprattutto i giovani a sottovalutare i rischi della malattia: 1 su 3 pensa che "esiste ma è tenuta sotto controllo e non fa quasi più vittime", 1 giovane su 5 è a rischio perché non ne ha sentito parlare a scuola e solo raramente sui media. Solo il 35% dei ragazzi e ragazze in Italia, nonostante sappiano perfettamente che la via di trasmissione principale è quella sessuale, usa abitualmente il preservativo nelle proprie relazioni e solo il 29% dichiara di aver fatto il Test dell'HIV. Le giovani donne si espongono maggiormente al rischio, sentendosi protette da una relazione stabile.

E' quanto rivela un'indagine Doxa realizzata tra i giovani dai 16 ai 34 anni per il Cesvi a trent'anni dall'identificazione del virus dell'HIV e in occasione della Giornata mondiale contro l'AIDS (1 dicembre). Cesvi rilancia «Fermiamo l'AIDS sul nascere», la campagna di sensibilizzazione e raccolta fondi, giunta alla dodicesima edizione, con il duplice obiettivo di sostenere la lotta al virus nei Paesi più colpiti e rialzare il livello di attenzione fra i giovani italiani sulla necessità della prevenzione.

I dati italiani
In Italia, l'Istituto Superiore di Sanità per il 2012 registra 3800 nuovi casi di persone infette. Complessivamente il numero di italiani sieropositivi tocca quasi i 140 mila. Con un pericoloso aumento dei casi fra i giovanissimi e il picco di infezioni - il 36,1% dei casi totali – che torna a colpire dopo anni la fascia d'età 25-34 anni. Nel 2012, la maggioranza delle nuove diagnosi di infezione da HIV è attribuibile a rapporti sessuali non protetti, che costituiscono l'80,7% di tutte le nuove diagnosi. Gli ultimi dati UNAIDS 2013 rilevano il drammatico primato italiano: l'Italia, con 1700 decessi l'anno, è il Paese europeo con il più alto numero di morti per AIDS, un trend in crescita se si considera che nel 2001 i casi erano 1400. Tra il 2006 e il 2012 è aumentata la proporzione delle persone che arrivano allo stadio di AIDS conclamato ignorando la propria sieropositività. Nel 2012 è stata del 67,9%. Cresce anche il numero di donne italiane sieropositive, 3000 nuovi casi dal 2001, un trend negativo che colloca l'Italia dietro ad altri Paesi europei come Francia e Spagna nei quali, sebbene il numero delle donne infette sia più alto, si muore meno. La Francia negli ultimi 11 anni è riuscita a diminuire il numero di decessi per AIDS del 26,3% e la Spagna addirittura del 58,3%.

L'Africa
L'Africa Sub-Sahariana continua ad essere la regione più colpita al mondo con 25 milioni di persone che convivono con il virus HIV di cui 2,9 milioni di bambini. Solo nel 2012 il numero delle nuove infezioni è di 1,6 milioni di cui 230.000 minori. Tuttavia su scala mondiale dal 2001 al 2012 il numero di persone che hanno contratto l'HIV è sceso di un terzo del totale ed è addirittura dimezzato nel caso dei bambini. Significativo che in Zimbabwe, uno dei Paesi più colpiti dalla pandemia, grazie all'attenzione delle organizzazioni internazionali e alle politiche locali, il numero delle donne che hanno contratto l'HIV sia sceso del 26%. Anche le morti per AIDS, dopo il picco da 2,3 milioni del 2005, sono scese a 1,6 milioni l'anno scorso.

«Dove la malattia da sempre colpisce in maniera più drammatica l'attenzione non è calata, e dove sono stati portati gli sforzi più grandi per l'accesso alle cure, è possibile cogliere un dato positivo. Dal 2009 al 2012 il numero di nuove infezioni tra i bambini è diminuito del 40% grazie a servizi di informazione e distribuzione dei farmaci antiretrovirali per prevenire la trasmissione madre-figlio del virus – sostiene Giangi Milesi, Presidente Cesvi – Nel solo Zimbabwe, con l'impegno di Cesvi, sono stati salvati oltre 3000 bambini, formati 2000 operatori sanitari e sottoposte a test quasi 90 mila donne. Nei distretti dove portiamo il nostro aiuto la percentuale di siero-prevalenza è scesa negli ultimi 6 anni dal 23 al 13%. Tanto è stato fatto, ma è necessario continuare in questa direzione con le attività di prevenzione dell'HIV dirette alle donne incinte, garantire la cura con i farmaci antiretrovirali, potenziare l'informazione e combattere la povertà».

Dal 1° al 21 dicembre 2013 è possibile aiutare a combattere l'AIDS e a prevenire la trasmissione madre-figlio del Virus. Basta inviare un sms da 2 euro al 45503 da cellulari TIM, Vodafone, WIND, 3, PosteMobile, CoopVoce e Nòverca o chiamare da rete fissa TWT, oppure donare 5 e 10 con una chiamata al 45503 da rete fissa Telecom Italia, Infostrada, Fastweb e Tiscali.

L'indagine Doxa

GIOVANI ANCORA A RISCHIO. Contraddizioni e comportamenti che espongono a troppi rischi, è la fotografia del rapporto dei giovani con l'AIDS rilevata grazie a un'indagine realizzata dalla Doxa per il CESVI alla vigilia della Giornata Mondiale di lotta all'AIDS. A un primo sguardo le risposte appaiono rassicuranti per la maggior parte dei giovani intervistati tra i 16 e i 34 anni: le informazioni fondamentali riguardanti la pandemia che ancora oggi miete più vittime al mondo sono corrette. A una lettura attenta dei dati emerge un quadro allarmante: ancora troppi giovani sottovalutano i rischi della malattia e 1 su 3 pensa che in Italia l'HIV/AIDS ‘esiste ma è tenuta sotto controllo e non fa quasi più vittime'. Mentre la maggioranza – più di 8 su 10 – individua con esattezza l'Africa come ‘il continente con la maggior concentrazione di malati di Aids'. A fronte di una larga fetta di giovani - 67% degli intervistati - che dichiara di aver sentito parlare dell'esistenza della malattia nel periodo dell'adolescenza (12-16 anni) per la prima volta, ci sono 2 giovani su 10 che non ne hanno mai sentito parlare a scuola.

AIDS E MEDIA: SE NE PARLA, SERVE MAGGIORE CHIAREZZA SULLA PREVENZIONE. 1 giovane su 5 è a rischio perché non ne ha sentito parlare a scuola e solo raramente sui media. Tv, stampa e internet attualmente sono i media dove i ragazzi e le ragazze sentono maggiormente parlare di HIV/AIDS, oltre il 50% indica di aver incontrato il tema spesso o qualche volta accendendo la Tv, sfogliando un giornale o navigando sul web. Meno della metà dichiara di sentirne parlare raramente o mai sui mezzi di comunicazione. Meno di un terzo (29%) dichiara di parlarne in famiglia, il 35% con gli amici e solo un quarto (26%) ha sentito un programma o una notizia alla radio riguardo alla diffusione della malattia.
Il 95% dei giovani intervistati ha le idee chiare su come si trasmette il virus: ‘attraverso lo scambio di liquidi corporei' è la risposta che quasi tutti danno, ma un 10% pensa che anche i baci siano causa di contagio e un 9% anche attraverso l'uso degli stessi oggetti come ad esempio un bicchiere.

IL PRESERVATIVO SOLO PER 1 GIOVANE SU 2. L'informazione dei media non arriva a produrre chiarezza e allerta sulla prevenzione: in Italia un giovane su due non usa abitualmente il preservativo nelle proprie relazioni, nonostante sappia perfettamente che la via di trasmissione principale è quella sessuale. Solo 1 su 3 degli intervistati fa sempre uso del preservativo in ogni rapporto. Sono il 41% coloro che dichiarano di non usarlo perché hanno un partner fisso e si sentono sicuri, mentre il 7% ha rapporti occasionali quasi sempre senza proteggersi. Sono le donne a esporsi maggiormente ai rischi di contagio, la metà delle ragazze intervistate dichiara di non usare il preservativo perché si sentono rassicurate da una relazione stabile con un partner, in particolare nella fascia d'età 30-34 anni. Una convinzione questa tra i fattori di maggior esposizione al rischio di contagio - confermata dai dati diffusi dall'Istituto Superiore di Sanità e dalla crescita in Italia delle nuove diagnosi tra le donne e nella fascia d'età 25-34 anni.

SOLO 1 SU 5 TRA I GIOVANISSIMI HA FATTO IL TEST. Tra i 16 e i 20 anni il Test dell'HIV è stato fatto solo da 1 ragazzo su 5, e complessivamente sono solo il 29% quanti si sono sottoposti al Test. E' la fascia d'età 30-34 ani che utilizza di più questo metodo di verifica e diagnosi, il 37% dei giovani italiani, sebbene in Italia sia cresciuto negli ultimi sei anni il numero di coloro che arrivano al Test solo come conferma della malattia conclamata, ignorando la propria sieropositività. Il dato regionale registra una maggiore attenzione nel Nord Ovest dove il 36% degli intervistati dichiara di aver effettuato il Test, mentre nel Nord Est e nelle Sud e nelle Isole scende al 25%.