Imprese e Mercato

Assobiomedica: produzione in crescita, ma crolla il mercato interno dei biomedicali

Cresce nel 2012 del 6,6% la produzione dei biomedicali, spinta soprattutto dalle esportazioni,. Ma crolla il mercato interno del 4% passando da 8,546 miliardi del 2011 a 8,204 (di cui il 73% per il Ssn) per la contrazione della domanda. E le cose non sono migliorate negli anni: il mercato interno dei dispositivi medici tra il 2010 e il 2012 è negativo, a causa in particolare sempre per la contrazione della domanda pubblica, che si è tradotta in una costante discesa dei prezzi (-20% dal 2007 al 2012).

E anche sulla ricerca e innovazione le cose non sono brillanti.
Il settore dei dispositivi medici per sua natura investe in R&I: i produttori risultano aver investito nel 2011 oltre il 7% del loro fatturato, in calo però rispetto al 2010. Sono gravi i segnali di difficoltà che emergono sotto questo aspetto. E le stime indicano investimenti in R&I pari a 635 milioni di euro nel 2010 e a 458 milioni nel 2011.

E' questo lo spaccato del settore dei biomedicali che il presidente di Assobiomedica Stefano Rimondi presenta questa mattina a Roma nell'assemblea dell'associazione su «Ricerca e innovazione in Sanità per la crescita del Paese. Opportunità di sviluppo dal settore dei dispositivi medici».

Il biomedicale è un comparto di 60.000 addetti e 3.037 imprese che operano nel settore dei dispositivi medici, quasi il 70% delle quali si concentra in cinque regioni principali: Lombardia, Emilia-Romagna, Lazio, Veneto e Toscana. E sono 1118 imprese di produzione con 7 miliardi di fatturato: si tratta di 924 imprese di produzione diretta e 194 imprese di produzione conto terzi a cui si attribuisce un fatturato complessivo pari a 890 milioni di euro. La maggior parte dei contoterzisti si occupa di produzione di componenti o semilavorati. Il 22% ha una struttura multinazionale, a esse fa capo il 49% del fatturato. Il 5% ha capitale estero, ad esse fa capo il 13% del fatturato.

Nonostante la crisi tuttavia la produzione è cresciuta, grazie ad un aumento delle esportazioni, passate dai 5,1 miliardi del 2010, ai 5,4 del 2011 e ai 5,9 del 2012 che ha portato la bilancia commerciale vicina alla parità.

I fattori negativi
Ma nonostante i dati positivi, come ha illustrato il presidente di Assobiomedica, Stefano Rimondi, presentando il censimento, la crisi non sta lasciando indenne il settore: 84 imprese chiuse tra 2010 e 2011, 132 quelle in chiusura nel 2012, per un totale di 216. «Già è stata discussa - ha detto Rimondi - ma è opportuno ricordare la caduta complessiva degli investimenti in ricerca e innovazione in Italia tra 2010 e 2011, stimata pari a -28%. Questo crollo negli investimenti si reputa legato a diversi fattori, quali la crisi economica generale; la stretta creditizia; la mancata normalizzazione dei tempi di pagamento delle forniture; la contrazione del mercato domestico; una fiscalità che non favorisce gli investimenti in ricerca e, sopra ogni altro fattore, politiche pubbliche di acquisto e di rimborso che non premiano l'innovazione. A questo riguardo - sottolinea il presidente di Assobiomedica - il public procurement ha in tutti i paesi un ruolo decisivo nel sostenere gli investimenti nei settori ad alta tecnologia».

L'effetto combinato di tutti questi fattori secondo il presidente di Assobiomedica «risulta amplificato dalle caratteristiche dei processi di innovazione tipici del settore, che si nutrono in gran parte di collaborazioni con soggetti esterni alle imprese. Anche la tendenza a concentrare gli investimenti e le collaborazioni è un ulteriore elemento che spiega la misura del loro calo in Italia. Ciononostante, negli ultimi anni in Italia si osserva un'accelerazione nel tasso di introduzione di nuovi dispositivi nel mercato: un aspetto positivo che rischia seriamente di essere di breve durata».

Il comparto
L'analisi per comparto rende particolarmente evidente il grado di complessità e di frammentazione del settore dei dispositivi medici. I comparti prevalenti per numero di imprese risultano essere il biomedicale e il biomedicale strumentale; in termini di fatturato: biomedicale, ivd, biomedicale strumentale ed elettromedicale diagnostico.

Il 59% delle imprese svolge attività di natura solo commerciale, il 37% produce, mentre il restante 4% fornisce servizi; tali proporzioni calcolate sul fatturato non cambiano significativamente.

Il 17% delle imprese ha struttura multinazionale, ma il loro fatturato rappresenta il 70% del totale. Analogamente, si osserva che il 10% delle imprese è controllato da capitali esteri, ma in termini di fatturato rappresentano quasi il 50% del totale.

Ricerca e sviluppo
Il tasso medio di investimento in R&I in Italia nel 2011 da parte di produttori e multinazionali estere commerciali è risultato pari al 4.2% del fatturato; 7.5% se si considerano unicamente i produttori.
Gli investimenti delle imprese a capitale estero (commerciali e di produzione) rappresentano il 48% del totale. Gli investimenti in ricerca e sviluppo (R&S) rappresentano il 62% del totale, quelli in studi clinici il restante 38%, dei quali il 56% consiste in investimenti in studi clinici post-marketing.

Le start-up
La mappatura di Assobiomedica ha consentito di individuare 214 start-up con attività di interesse per il settore dei dispositivi medici. Quasi il 60% è concentrato in quattro regioni: Emilia-Romagna e Lombardia, seguite da Toscana e Piemonte. Nel 67% dei casi si tratta di spin-off della ricerca pubblica; pochissimi invece gli spinoff aziendali (3%), anche se il restante 30% delle start-up comprende casi che possono considerarsi spin-off aziendali atipici, ovvero start-up nate da processi di outsourcing di attività di ricerca da parte di aziende consolidate. La maggior parte delle start-up censite non risulta in parchi scientifici e tecnologici o in altre strutture votate a promuovere l'innovazione; sotto questo profilo fanno eccezione le start-up di Toscana e Piemonte.
Il 31% delle start-up è stato creato da meno di 4 anni. L'età media complessiva è di poco superiore ai 5 anni. Si osserva come le più recenti start-up operino nei comparti biomedicale strumentale e servizi e software; quelle esistenti da più tempo sono concentrate nel comparto della diagnostica in vitro (ivd).

I brevetti biomedicali
L'Italia conferma il proprio posizionamento non di primo piano nel settore: risulta il 13° brevettatore, il 12° esportatore e il 9° importatore. Un'eccezione è rappresentata dal comparto attrezzature tecniche, nel quale mantiene quote di mercato più significative.
Emerge, per contro, una buona diversificazione di prodotto e un'elevatissima diversificazione geografica delle esportazioni, con miglioramenti in importanti mercati come il Sud America.
I dati 2012 evidenziano una buona performance delle esportazioni (superiore alla media italiana) e un calo delle importazioni, con il dimezzamento del deficit commerciale italiano. La produzione ha recuperato la flessione del 2011 tornando sostanzialmente ai valori del 2010; il saldo della bilancia commerciale è migliorato, pur rimanendo - anche se di poco - negativo.