Dibattiti-e-Idee

Ecoreati, basta condoni per chi inquina

di Stefano Ciafani (vicepresidente nazionale Legambiente)

L'Italia negli ultimi 20 anni è stata teatro di numerosi casi di illegalità ambientale che hanno causato rilevanti problemi ecologici e importanti danni alla salute. Molti studi epidemiologici, a partire dal Rapporto Sentieri, ce lo testimoniano con numeri impietosi. Si tratta di un grave fenomeno che purtroppo è stato combattuto con le armi spuntate.
L'Italia ha infatti bisogno di una vera e propria riforma di civiltà, che sanerebbe una gravissima anomalia: oggi chi ruba una mela al supermercato può essere arrestato in flagranza perché commette un delitto, quello di furto, mentre chi inquina l'ambiente no, visto che nella peggiore delle ipotesi si rende responsabile di reati di natura contravvenzionale, risolvibili pagando un'ammenda quando non vanno - come capita molto spesso - in prescrizione.

Non esistono nel nostro Codice penale né il delitto di inquinamento né tantomeno quello di disastro ambientale. Uno squilibrio di sanzione anacronistico, insostenibile e a danno dell'intero Paese, che garantisce spesso l'impunità totale agli ecocriminali e agli ecomafiosi.

Oggi, finalmente, siamo vicini a una svolta. Nel febbraio 2014, infatti, la Camera dei deputati ha approvato a larghissima maggioranza (con soli 4 voti contrari) un disegno di legge che inserisce 4 delitti ambientali nel nostro Codice penale: inquinamento ambientale, disastro ambientale, trasporto e abbandono di materiale radioattivo, impedimento al controllo.

Si tratta di un disegno di legge trasversale promosso dai deputati Ermete Realacci (Pd), Salvatore Micillo (M5s) e Serena Pellegrino (Sel). Il testo è stato inspiegabilmente fermo per un anno al Senato e solo nelle ultime settimane è ripresa la votazione del testo prima nelle Commissioni Ambiente e Giustizia e poi finalmente in Aula.

Durante questo lungo anno è proseguito il solito stillicidio di sentenze shock sulle storie più importanti di illegalità ambientale e danni alla salute finite in prescrizione o nel nulla, come quelle recenti sulla Eternit di Casale Monferrato o sulla discarica di rifiuti chimici di Bussi in Abruzzo.
Nel frattempo si è costituita una rete di 25 associazioni che ha fatto pressione sul Senato per accelerare il processo di votazione e approvazione del ddl.

Un cartello vasto - costruito intorno all'appello "In nome del popolo inquinato: ecoreati subito nel codice penale". Promosso da Legambiente e Libera - che comprende associazioni ambientaliste (tra cui Wwf, Greenpeace, Lipu e Lav), quelle dei medici (Isde-Medici per l'ambiente, Medicina democratica), delle vittime dell'amianto (Aiea), degli studenti e le associazioni di categoria (Cia, Coldiretti, Federambiente e Kyoto Club).

La pressione delle associazioni ha permesso la velocizzazione della discussione dopo la pausa natalizia e ora siamo in una fase decisiva. Il disegno di legge è stato in parte modificato a Palazzo Madama, migliorandolo in diverse parti, ma restano alcune modifiche da apportare (va cancellata ad esempio la non punibilità per i reati colposi in caso di interventi di messa in sicurezza e bonifica: una sorta di salvacondotto per chi inquina, una, dieci, cento, mille volte) (il testo originario approvato dalla Camera già prevedeva dei forti sconti di pena per chi mette in campo azioni di risanamento ambientale). Sull'abrogazione di questa parte il governo e i relatori della maggioranza hanno dato parere favorevole e aspettiamo con ansia il voto.

Questa settimana sarà probabilmente quella decisiva: servirà fare le ultime modifiche e poi il provvedimento verrà licenziato dal Senato, probabilmente domani 3 marzo, per passare all'altro ramo del Parlamento. Speriamo davvero che il testo esca da Palazzo Madama senza necessità di altre modifiche, in modo tale da garantire un ultimo voto puramente formale a Montecitorio. Se così sarà, finirà la pacchia per ecocriminali ed ecomafiosi. E si aprirà la nuova era in cui chi inquina pagherà davvero. Nel frattempo occorre tenere alta l'attenzione perché in Senato c'è ancora chi vuole fare melina.

Questa riforma di civiltà si vince solo se le forze sane - dentro e fuori al Parlamento - lavorano insieme per fare in modo che d'ora in poi "chi inquina paghi" senza condoni e che non si ripetano più i disastri impuniti di Marghera, Augusta, Gela, Valle del Sacco, etc. Siamo all'ultimo chilometro di questa maratona iniziata vent'anni fa, quando Legambiente presentò la prima edizione del Rapporto Ecomafia. Serve un ultimo sforzo, non c'è più tempo da perdere. In nome di quel popolo inquinato che attende da troppo tempo giustizia, è giunto il momento che ciascuno si assuma le proprie responsabilità davanti al Paese.