Dal governo

Report Ocse sul Ssn italiano: «Buona sanità, ma troppe disuguaglianze e qualità a rischio per i tagli»

di Barbara Gobbi e Rosanna Magnano

Rafforzare le infrastrutture informative del Sisitema sanitario nazionale per un migliore collegamento tra i database regionali e nazionali; applicare in modo più omogeneo le politiche sulla qualità delle prestazioni; potenziare, anche con l'erogazione di risorse finanziarie, le cure «intermedie» ampliando le reti per l'assistenza territoriale e diffondendo gli ospedali di comunità; puntare sulla prevenzione attraverso il canale delle cure primarie; sviluppare e migliorare i controlli di qualità. Sono queste le principali raccomandazioni del Rapporto Ocse sul Ssn italiano - dal titolo «Revisione Ocse sulla qualità dell'assistenza sanitaria in Italia» - in corso di presentazione all'auditorium di Lungotevere Ripa. La monografia, realizzata in collaborazione con Agenas, fotografa la qualità dell'assistenza fornita, evidenziando le buone pratiche e proponendo una serie di valutazioni e raccomandazioni mirate a favorire un ulteriore miglioramento della qualità delle cure.

«Il bilancio che possiamo tracciare a conclusione del semestre europeo di presidenza italiana è senz'altro positivo per l'alta considerazione di cui il nostro Ssn gode a livello internazionale - tiene a precisare la ministra della Salute Beatrice Lorenzin intervenuta alla presentazione del report Ocse - ma abbiamo ben presenti le sfide da affrontare, una volta aver ottenuto quella rivoluzione copernicana epocale che ha trasformato nella percezione collettiva la sanità da mero costo a volano dell'economia. Penso ad esempio alla necessità che la riforma Costituzionale ponga riparo alle storture causate a suo tempo dalla revisione del Titolo V. Bisogna far di tutto che tutte le Regioni escano dal piano di rientro, accompagnandole non più soltanto sul fronte del risanamento dei bilanci come fino a oggi è avvenuto ma anche sul miglioramento delle performance. C'è poi il grande tema della prevenzione, su cui l'Italia ha fatto meno bene del resto dell'Europa, che in questo ambito è essa stessa in affanno: a fronte del problema finanziamenti, vanno recuperate -soprattutto lavorando sul territorio - le risorse, mirandole su progetti davvero utili, veicolati attraverso messaggi forti. I temi? Lotta all'obesità, al tabagismo, all'alcol e in generale alla promozione di corretti stili di vita. Infine, la meritocrazia: i dirigenti vanno scelti unicamente per qualità e a questo scopo ho inserito nel Ddl Madia la norma che riorganizza la scelta dei direttori aziendali su basi quantificabili e verificabili. Un direttore, così come un commissario, che merita, va adeguatamente retribuito altrimenti le aziende sanitarie pubbliche come possono pretendere di attrarre un valido management?».

Le sfide principali che l'Italia deve affrontare sono due. La prima è garantire che gli sforzi in atto per contenere la spesa in campo sanitario non vadano a intaccare la qualità quale principio fondamentale di governance. La seconda è quella di sostenere le Regioni e Province autonome che hanno una infrastruttura più debole, perché possano erogare servizi di qualità pari alle regioni più virtuose. E' necessario quindi un approccio «più solido e ambizioso al monitoraggio della qualità e al miglioramento a livello di sistema».

Una valutazione positiva sulle prestazioni ma il vero punto dolente sono le disuguaglianze. «L'Italia ha migliorato notevolmente la qualità dell'assistenza sanitaria negli ultimi decenni - spiegano gli esperti dell'Ocse - ma deve affrontare le permanenti forti disparità che permangono tra le regioni e anche a livello di singole aziende».

Gli indicatori di salute della popolazione italiana sono tra i migliori nell'area. L'Italia è al quinto posto tra in paesi Ocse per aspettativa di vita alla nascita, 82.3 anni. Ottima performance anche nella gestione delle cronicità, assegnata essenzialmente al territorio: i tassi generali di ricovero ospedaliero per asma, malattie polmonari croniche (bronco pneumopatia cronica ostruttiva - Bpco) sono tra i più bassi dell'area e quelli di mortalità a seguito di ictus o infarto sono ben al di sotto della media.

Costi contenuti, cure primarie e qualità del personale sono tra i punti di forza. In Italia, secondo il report Ocse, una buona assistenza è fornita ad un prezzo contenuto pari a 3.027 dollari pro-capite, molto meno di Paesi limitrofi quali Austria (4.593$), Francia (4.121$) e Germania (4.650$). Il sistema delle cure primarie ha tradizionalmente offerto un'assistenza di alta qualità, come dimostrato da indicatori quali il ricovero ospedaliero evitabile; i livelli di soddisfazione del paziente sono anch'essi alti. L'Italia infine «ha fatto un passo importante verso il maggiore coordinamento e l'integrazione dell'assistenza con la Legge Balduzzi (n.189/2012), che incoraggia la creazione di reti di assistenza territoriale.
Il personale sanitario offre, nel complesso, un'assistenza di alta qualità».

I numeri di un'assitenza disomogenea. «I tassi di ricovero ospedaliero per condizioni come l'asma e la Bpco - continua l'Ocse - che dovrebbero essere evitate con appropriata assistenza primaria e territoriale, variano significativamente. Ad esempio, il numero di bambini ricoverati in ospedale con un attacco d'asma in Sicilia è cinque volte superiore rispetto alla Toscana e i ricoveri ospedalieri per malattie polmonari croniche variano del doppio, con 1.5 ricoveri per 1000 abitanti in Piemonte e 3.07 in Basilicata. L'incidenza di parti cesarei, associati a un maggiore rischio di morte della madre e complicazioni e che quindi andrebbero limitati, mostrano anch'essi forti variazioni. A livello nazionale, i parti cesarei rappresentano circa il 25% del totale, ma l'incidenza è sensibilmente più elevata nelle regioni del sud, per esempio in Campania dove si arriva a più del 45%, mentre in Trentino alto Agide i valori sono molto più bassi (Bolzano, 13.6%; e Trento 14.5%)».

Personale: scarsa attenzione su formazione e aggiornamento. La professione medica in Italia, sottolinea il report, continua a basarsi sull'abilitazione e su sistemi di educazione continua in medicina «relativamente poco impegnativi a confronto di altri Paesi Ocse. E' scarsa l'attenzione prestata ai meccanismi per la promozione della qualità del personale sanitario, quali la ri-certificazione o la revisione tra pari come parte di uno sviluppo professionale continuo; non si rileva alcun nesso tra la valutazione delle performance dei singoli operatori e l'accreditamento Ecm». Infine, «I sistemi di pagamento non sempre premiano i miglioramenti nell'assistenza clinica o negli esiti».

Le soluzioni proposte. Per eliminare i profondi gap che dividono in due la sanità italiana, secondo gli esperti Ocse, «sono necessari sforzi per sostenere le regioni e le provincie autonome più deboli affinché possano erogare servizi di alta qualità. È necessario sviluppare un approccio più omogeneo e ambizioso per monitorare e migliorare la qualità a livello nazionale. Un'infrastruttura informativa meno frammentata aiuterebbe a valutare meglio la qualità dell'assistenza sanitaria. Sarebbe opportuno sviluppare ulteriormente le responsabilità delle autorità nazionali, come ad esempio Agenas, il cui ruolo è di supportare le regioni e le provincie autonome». Tra le ricette, anche la creazione di un Servizio di ispettorato, pensato per vigilare ma anche per accompagnare le singole realtà nei processi di miglioramento della qualità.

E dopo la spending review e la riduzione degli sprechi è tempo di pensare alla qualità. Il miglioramento della qualità e la riorganizzazione del sistema hanno purtroppo assunto un ruolo secondario quando la crisi economica ha iniziato a colpire. «Il risanamento delle finanze - spiega l'Ocse - è divenuto priorità assoluta, nonostante i bisogni in fatto di salute evolvano rapidamente (gli indicatori relativi a demenza, numero di anni di vita in buona salute e limitazioni nelle attività quotidiane dopo i 65 anni sono peggiori rispetto alle medie e il tasso di bambini in sovrappeso è tra i più alti dell'area Ocse)».

«Oltre a lavorare per ridurre le forti disparità tra le regioni - suggerisce l'organismo internazionale - è necessario porre maggiore attenzione rispetto alla qualità della sanità a livello nazionale. Negli ultimi anni, il settore sanitario ha subito forti pressioni di contenimento della spesa nel contesto delle manovre di bilancio. Mentre l'Italia fornisce un'assistenza sanitaria di qualità e a un costo relativamente basso – con 3.027 dollari per abitante a parità di potere d'acquisto l'Italia spende molto meno di limitrofi come l'Austria, la Francia o la Germania – la lenta crescita della spesa prima della crisi e il taglio della spesa durante la crisi (-0.4% sia nel 2010 che nel 2011), hanno messo a dura prova le risorse».

Risparmiare non basta, perché la vera priorità è quella di «assicurare che continui sforzi per contenere la spesa sanitaria non intacchino la qualità dell'assistenza sanitaria come principio fondamentale di governance. L'allocazione delle risorse regionali deve avere un focus sulla qualità, ed essere collegata a incentivi per il miglioramento della qualità. A livello regionale, devono essere concordati piani di miglioramento della qualità con obiettivi specifici»..