Dal governo

Manovra 2015/ Welfare al palo, Boschi: «Taglio può essere rivisto». Lo conferma Lorenzin in un tweet. Ma le associazioni insorgono

di Barbara Gobbi

Trecento milioni al Fondo Politiche sociali e 250 milioni al Fondo per la non autosufficienza. La manovra 2015 (art. 17) congela le risorse assegnate al plafond previsto dalla legge 328/2000 e decurta di 100 milioni quelle destinate alla fragilità comprese le persone affette da sclerosi laterale amiotrofica. Ce n'è abbastanza perché Regioni e associazioni insorgano.

Le ministre rassicurano. I malati non autosufficienti hanno bisogno di quei 100 milioni di euro. Mio massimo impegno per reintegrare risorse già previste». Così aveva risposto in mattinata Maria Elena Boschi, ministro per i Rapporti con il Parlamento, in risposta al taglio dei fondi ai malati di Sla, previsto nelle utlime versioni della bozza della manovra.«Alcune norme legge di stabilità possono cambiare in Parlamento», Boschi aveva precisato infatti: «Sicuramente alcune norme verranno riviste nel corso dell'iter parlamentare. Alcuni tagli possono essere rivisti», e ha aggiunto «Questo - ha aggiunto - è uno dei temi più sensibili cui presteremo più attenzione in accordo con il ministro Lorenzin». Alla collega risponde con un tweet il ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, «massimo impegno per reintegrare risorse già previste». Nel dibattito si inserisce Ileana Argentin: «Se il Governo andrà avanti così», chiede la deputata Pd, «chi alzerà i disabili dal letto? Chi gli permetterà di andare in bagno? Come potranno recarsi al lavoro o a comprare il pane?».

Autunno caldo. La prima mobilitazione, annunciata per il 4 novembre davanti al ministero dell'Economia, vedrà partecipare insieme Comitato 16 novembre, Fish e Fand. Arrabbiatissime dopo un incontro al ministero del Lavoro e delle Politiche sociali - dove le aveva spedite il premier Renzi - che si è concluso con un nulla di fatto. Perché i fondi diventano sì strutturali (altro cavallo di battaglia) ma per il momento continueranno a essere ridotti all'osso. «Ci hanno detto che i fondi non saranno rinegoziati ogni anno - ha spiegato Mariangela Lamanna del Comitato 16 novembre, dopo il summit con i sottosegretari Franca Biondelli (Welfare) ed Enrico Zanetti (Economia) - ma diventeranno stabili: era una nostra richiesta ma questa non è una risposta: piuttosto, un giochino del governo, che mentre rende finalmente strutturale un fondo, al tempo stesso lo riduce a un importo inutile. Con queste cifre, non si costruisce nessun Piano per la non autosufficienza, che è il nostro vero obiettivo».

Sul piede di guerra. A parlare di «enorme distanza fra gli impegni espressi nel recentissimo passato e la drammatica concretezza del presente» è la Fish. Che ricorda: «Zanetti si augura che nel prosieguo dei lavori di discussione della legge di stabilità si possano adeguare entrambi i Fondi. Nessuna garanzia, quindi». E il presidente Vincenzo Falabella rilancia: «Abbiamo espresso un no secco, rotondo e deciso ad ogni taglio ai Fondi, chiedendo anzi un impegno che porti nel giro di tre anni lo stanziamento ad un miliardo unitamente all'avvio di politiche adeguate e strutturate».
Le associazioni chiedono in definitiva che entro la fine del mese sia convocato un tavolo di lavoro che si impegni concretamente nell'elaborazione di un Piano nazionale per la non autosufficienza, finalizzato all'assistenza domiciliare, alla libera scelta del paziente e al riconoscimento giuridico ed economico del caregiver».

Regioni perplesse. Sul piede di guerra, anche se con toni più sfumati, gli assessori al Welfare capitanati da Lorena Rambaudi: «Le risorse contenute nella legge di Stabilità - spiega infatti la coordinatrice per le Politiche sociali - sono insufficienti per sostenere i servizi sociali e il patto sul welfare che le regioni avevano presentato nelle scorse settimane ad Anci e al Forum per il terzo settore e in più non ci convincono la social card e bonus bebè, alle famiglie e alle donne servono piuttosto i servizi». La "delusione" è inevitabile: «Le risorse sono insufficienti – spiega Rambaudi – e anche se da parte nostra c'è senso di responsabilità e spirito collaborativo perché ci rendiamo conto dei limiti della finanza pubblica, chiediamo di incrementarle e una maggiore condivisione sulle scelte di politiche sociali». Contrari a social card e bonus bebè, gli assessori sono favorevoli piuttosto a «un maggiore sostegno finanziario ai nidi, alle famiglie in povertà e a progetti di autonomia delle persone».