Aziende e regioni

Terapie oncologiche e infusionali: ottimizzare i percorsi anche in funzione anti attesa

di Davide Croce *

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In Italia circa il 6% della popolazione convive con una diagnosi di tumore, con circa 395.000 nuovi riconoscimenti accertati di cancro nel 2023 secondo i dati Aiom. L’efficacia delle terapie oggi disponibili ha decisamente allungato la sopravvivenza per molti tumori, incrementando di conseguenza la necessità di risorse come terapie farmacologiche, visite specialistiche, diagnostica di laboratorio e per immagini. Anche il progressivo invecchiamento della popolazione italiana contribuisce, in alcune forme tumorali con incidenza legata alll’età, ad incrementare il numero di pazienti.
Gli ospedali si attrezzano, ma spesso l’organizzazione e la sua attuazione sembrano derivare da azioni contingenti, quasi emergenziali, più che da veri e propri programmi strategici di adeguamento strutturale.
In alcune situazioni la carenza di poltrone dedicate ai pazienti, oncologici e non, che necessitano di infusioni in regime di Day Hospital (Dh) sta diventando un problema di accesso per i cittadini, con conseguenze a volte drammatiche. Secondo un’indagine di Cittadinanzattiva sulla qualità dei Dh, il paziente oncologico potrebbe affrontare tempi di attesa medi compresi tra 7 e 10 ore. Questo include circa 2 ore e 40 minuti di attesa prima della somministrazione, somministrazione che può durare da 4 a 8 ore.
La situazione va affrontata perché non sono solo le liste di attesa o il pronto soccorso che creano disagi importanti agli assistiti. Un percorso apparentemente semplice può diventare un incubo per chi deve sottoporsi ad una infusione farmacologica, non dimentichiamo prevista anche in altre patologie.
Si può agire efficientando il percorso oppure allargando i tempi oppure aumentando i punti di erogazione.
Come evidenziato da una ricerca del Crems la maggior parte delle strutture ospedaliere chiede di effettuare gli esami del sangue e le visite mediche all’arrivo del paziente in struttura, e l’esecuzione ma soprattutto l’esito possono riverberarsi nel processo di prenotazione delle poltrone. Inoltre i tempi di allestimento delle terapie farmacologiche e la variabilità della durata di somministrazione delle terapie stesse, che complicano la combinazione dell’uso delle poltrone, possono mettere in difficoltà il percorso. Non sempre, inoltre, è possibile la concentrazione dei pazienti nel cosiddetto drug day, vuoi per volumi di utilizzo del farmaco che per dimensioni del nosocomio.
Ampliare i tempi di erogazione è una strategia semplice che spesso diventa una difficoltà insormontabile per il personale, che non sempre è in grado di avere flessibilità e soprattutto la garanzia del numero di risorse necessario per tutti i servizi coinvolti nel processo erogativo.
Incrementare i punti di accesso ha lo stesso collo di bottiglia della modifica organizzativa dell’allargamento dei tempi di esecuzione, ovvero la disponibilità di personale.
Sembra quindi che la scelta di ottimizzazione del percorso sia la più semplice per andare incontro alle esigenze dei pazienti.
Affrontare questa sfida complessa richiede un approccio multidimensionale e una serie di interventi sinergici tra l’organizzazione, dai sistemi informativi al Cup, dagli infermieri ai farmacisti. Ma è una sfida che va affrontata anche e soprattutto per adeguare le nostre organizzazioni sanitarie pubbliche alle terapie geniche che stanno emergendo prepotentemente dalla ricerca. Nel breve periodo, per il bene dei pazienti in un servizio sanitario universalistico.

* Crems - Centro di Ricerca in Economia e Management in Sanità e nel Sociale


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