Aziende e Regioni

Lazio, studio «L'altra sanità»: se il bilancio è senza controlli

La riduzione del buco nella sanità del Lazio, il più profondo d'Italia, sarebbe di per sé una buona notizia. Ma a causa della struttura dei bilanci delle Asl regionali è un dato comunque insondabile. Non solo: a gravare sulla gestione della macchina sanitaria nella regione ci sono altri fenomeni: come quello diffuso tra le Aziende che per presentare bilanci in ordine scaricano i ricoveri sugli ospedali.

Il risultato? È presto detto: le strutture sanitarie aumentano il loro passivo perché le Asl del territorio gli inviano casi che sarebbero di loro pertinenza, attraverso un artifizio distributivo e non certo per un recupero di efficienza e produttività.

A riprova del problema dei bilanci poi ci sono gli stessi Lea: se i dati fossero veritieri ci sarebbe una disparità distributiva per i cittadini tra un territorio e un altro così rilevante da far pensare che gli anziani a Viterbo siano totalmente abbandonati nelle cure e che se si ha bisogno di specialistica ambulatoriale alla Roma B c'è un'offerta amplissima, mentre a esempio a Rieti ci sono un terzo di specialisti in rapporto ai cittadini (v. tabelle).

A mettere sotto la lente i bilanci delle aziende del Lazio è uno studio dell'associazione «L'altra sanità» anticipato sull'ultimo numero de Il Sole-24 Ore Sanità (VEDI) .

Secondo gli autori dello studio, Marinella D'Innocenzo, dirigente sanitario, esperta di controllo gestione e presidente de «L'altra Sanità» e Paolo Lanari, consulente economico finanziario aziendale, la Sanità del Lazio ha dedicato nel 2011 solo il 2,8% di risorse alla prevenzione contro un'indicazione nazionale del 5%, ma soprattutto il 49,1% al territorio rispetto al 51% indicato come obiettivo e al contrario il 48,2% all'assistenza ospedaliera contro il 44% indicato.

La perdita di esercizio di 774,461 milioni del 2011 è da riferirsi per il 16% alle aziende sanitarie locali e per l'84% alle aziende ospedaliere, ai policlinici universitari pubblici e agli Irccs pubblici. Negli anni, il trend delle perdite ha avuto un andamento decrescente presso le Asl (da -976,466 milioni del 2007 a -113,573 milioni del 2011, con una riduzione dell'88,4%) e crescente presso le aziende ospedaliere (da -622,338 milioni del 2007 a -652,897 milioni del 2011 con un aumento del 4,8%). Questo perché «il "risanamento" delle Asl - spiega D'Innocenzo - è avvenuto per rimodulazione e redistribuzione delle quote di finanziamento. Le aziende ospedaliere sono state finanziate in rapporto al valore della produzione, mentre se si agisse su alcuni indicatori di efficienza si potrebbero recuperare subito ingenti risorse: solo rispetto alle giornate di degenza il disallineamento rispetto ai valori possibili porta a una maggiore spesa che supera i 142 milioni».

In particolare, però, secondo lo studio, le giornate di degenza pre-operatoria nel Lazio sono 2,43, mentre a livello nazionale 1,85: se il Lazio si allineasse alla degenza media nazionale, si eviterebbero 470mila giornate di degenza, pari all'attività di 1.300 posti letto, con un risparmio di 391 milioni.

L'analisi dei flussi di ricovero 2011 eseguita nello studio, rivela poi che nel Lazio il totale dei ricoveri ordinari e dei day hospital (Dh) presso le strutture ospedaliere gestite da aziende pubbliche è rispettivamente del 53,3% e del 39,4 per cento. In particolare però presso le aziende ospedaliere, i policlinici universitari pubblici e gli Irccs pubblici sono avvenuti il 22,5% dei ricoveri ordinari e il 22,6% dei Dh; presso gli ospedali gestiti dalle Asl sono avvenuti il 30,8% dei ricoveri ordinari e il 16,8% dei Dh; il totale dei ricoveri ordinari e dei Dh avvenuti presso le strutture ospedaliere gestite da soggetti privati è pari rispettivamente al 46,7% e al 60,6%. Con evidenze difficili da spiegare come a esempio il fatto che la riabilitazione sia gestita tutta dai privati anche se nelle strutture pubbliche il costo risulterebbe inferiore (v. tabelle).
Mettendo a confronto alcuni costi e alcuni indicatori economici di struttura poi, se si considerano le sole dimensioni delle strutture, lo studio evidenzia come a esempio i costi dell'ospedale Pertini per dimesso siano quasi assimilabili a quelli dell'Ao S. Camillo, avendo il Pertini un rapporto valore/costo di 0,56 e il S. Camillo 0,67.

Altra "disfunzione" è l'uso eccessivo del Dh da parte dei privati religiosi sia per acuti che per la riabilitazione con punte del 300% in più rispetto al dato nazionale. Se poi si parla di strutture e posti letto per anziani e disabili, il Lazio è il fanalino di coda italiano e quel poco che c'è è gestito dai privati, così come anche per la lungodegenza e la riabilitazione. Infine, prendendo a riferimento l'unità di misura di attività ospedaliera (Uao) definita dall'Agenas, il Lazio registra un costo per attività ospedaliera maggiore di tutta Italia.

Per il 2013, secondo lo studio, «sperando che il disavanzo 2012 sia quello stimato dal tavolo tecnico (780 milioni) - aggiunge D'Innocenzo - si partirà con un deficit tendenziale superiore dovuto a una riduzione del Fsn che per la Regione Lazio comporterà una contrazione della quota di accesso di 395 milioni. Un anno tutto in salita quindi, aggiungendo al disavanzo 2012 le minori risorse dal fondo e una voragine da colmare stimabile in circa 1,150-1,250 miliardi. Senza considerare le sopravvenienze passive derivate dai mancati accantonamenti. Questo - conclude D'Innocenzo - comporterà il forzoso mantenimento delle massime aliquote fiscali anche per il 2013».

Secondo gli autori dello studio la sostenibilità economica e la trasformazione del sistema diventano questioni centrali strettamente intrecciate: non potrà esservi risanamento economico se non attraverso il superamento dell'attuale modello, incentrato su una rete ospedaliera inefficiente e caratterizzato da una medicina di territorio gracile e inidonea a governare i bisogni dei cittadini. In sintesi, servono dati che consentano la programmazione e la presa delle decisioni da parte della politica e dei tecnici-professionisti; la valutazione dei risultati clinico-assistenziali, organizzativi, economico-gestionali, professionali; la partecipazione e l'ascolto attivo sia a livello regionale che aziendale e la condivisione delle scelte, come stile di governo orientato al cambiamento e all'innovazione.

VEDI L'ANALISI COMPLETA SU IL SOLE-24 ORE SANITA' N. 16-17/2013 (per gli abbonati)