Medicina e Ricerca

Staminali superstar dai ritocchi alla cura delle ulcere: a Roma la Quarta Conferenza mondiale di chirurgia rigenerativa

di Manuela Perrone


Estrarre cellule staminali dal grasso corporeo e fattori di crescita dalle piastrine e utilizzarli per rigenerare organi e tessuti: si chiama chirurgia rigenerativa ed è la nuova frontiera dei trapianti, potenzialmente rivoluzionaria. Può essere usata per ricostruire il seno dopo una mastoplastica, per curare ulcere e ferite complesse, per ricreare insulae pancreatiche nei diabetici, per riparare le ossa o il cuore danneggiato da un infarto. Ma anche per i ritocchi estetici a seno, volto e glutei. Alle applicazioni nel campo della chirurgia plastica e ricostruttiva è dedicata quest'anno la Quarta Conferenza internazionale sulla chirurgia rigenerativa , che si svolgerà a Roma dal 13 al 15 dicembre grazie al supporto dell'Agenzia regionale trapianti del Lazio e dell'Università di Roma Tor Vergata ed è stata presentata stamattina alla Camera.
Gli scenari. Il concetto di partenza è semplice: si attinge dalle riserve del nostro corpo per rigenerarlo. «La medicina e la chirurgia rigenerativa - spiega Valerio Cervelli, presidente della conferenza e direttore della cattedra di chirurgia plastica a Tor Vergata - trovano ormai largo impiego nella terapia di gravi ferite che stentano a rimarginarsi, nelle ulcerazioni croniche, nelle cicatrici, nelle ustioni, nelle malformazioni facciali, nella ricostruzione mammaria e nella chirurgia estetica mini-invasiva, nella correzione di liposuzioni, seno e viso». Se ci sono sufficienti quantità di grasso a disposizione, si può aumentare il volume del seno senza ricorrere alle protesi o spianare le rughe senza lifting. «Un approccio che consente al paziente di avere un decorso post-operatorio rapidissimo, riducendo lo stress fisico e psichico», assicura l'esperto.
Ma non tutti i centri possono farlo perché i criteri da rispettare sono rigorosissimi: occorrono laboratori specificamente autorizzati per le colture cellulari tissutali, che recepiscono le Good manufacturing practices (Gmp) e garantiscono sulla bontà del tessuto. L'Italia, manco a dirlo, ne ha pochi, tutti al Centro-Nord.
La ricerca sofferente. Le aspettative sulla chirurgia rigenerativa sono elevatissime. Carlo Alberto Casciani, commissario straordinario dell'Agenzia regionale trapianti del Lazio, non ha dubbi: «Io effettuai il primo trapianto in Italia nel 1966 con il professor Stefanini: come allora ero certo dell'affermazione dei trapianti, oggi sono certo che questi nuovi trapianti rivoluzioneranno la medicina nei prossimi dieci anni». Ma Casciani non risparmia una stoccata alla politica: «I nostri politici non credono alla ricerca scientifica biomedica: la ritengono un atto edonistico per pochi eletti, mentre è un investimento sul futuro della società».
Dello stesso avviso Renato Lauro, rettore dell'Università di Tor Vergata, che parla di «ancillarità della ricerca in Italia». Lauro è critico sia con la cronica "fuga dei cervelli" («i ricercatori italiani emigrati negli Usa, che abbiamo formato noi, hanno contribuito al Pil statunitense per 8 miliardi di euro negli ultimi dieci anni») sia con «la scarsa attenzione alle università»: «Se sarà approvato il taglio di 400 milioni di euro per il 2013 previsto dalla legge di stabilità, il 20% delle università italiane sarà tecnicamente fallito. Abbiamo chiesto un incontro al ministro dell'Economia ma non ce lo ha concesso». Tenterà di nuovo l'onorevole Domenico Di Virgilio (Pdl), che ha promesso il suo impegno per «correggere i tagli lineari a sanità e università, rendendoli "mirati"».
Il genetista Giuseppe Novelli, componente dell'Anvur (Agenzia di valutazione del sistema universitario e della ricerca), ironizza: «Si pensa ancora che tagliare i fondi all'università stimoli la creatività. La verità è che Paesi come l'India stanno investendo miliardi di dollari in ricerca sulle staminali. L'Italia soffre anche per un'altra ragione: nessuna delle molte pubblicazioni scientifiche italiane diventa prodotto». Non c'è passaggio dalla ricerca al risultato. E si perdono treni cruciali: «Le staminali già consentono di sperimentare nuovi farmaci e di verificarne la tossicità senza correre rischi».
Un laboratorio al Centro-Sud. Davanti alla carenza di fondi pubblici, si cercano strade alternative. Da tempo l'Università di Tor Vergata aveva chiesto invano alla Regione Lazio le risorse per creare un laboratorio Gmp. Più fruttuosa si è rivelata la via della collaborazione pubblico-privato. «Contiamo di varare il laboratorio con la Fondazione Ime-Istituto mediterraneo di ematologia – racconta il rettore Lauro - e speriamo di poter inaugurare entro gennaio l'inizio dei lavori di realizzazione».
Resta l'amarezza dei ricercatori. «Diciamo "no" alla cultura del falciatore», conclude Casciani. «Bisogna sviluppare la cultura del potatore: tagliare non tutti i rami, ma soltanto quelli secchi e improduttivi. La ricerca non può essere tra questi».