Lavoro e professione

Tavolo ex art. 22, Giovani medici (Sigm): «Dottori usati come tappabuchi sottopagati»

di Andrea Silenzi (vicepresidente vicario Associazione Italiana Giovani Medici -Sigm)

Tanta volontà di fare passi avanti…per tornare all'improvviso al punto di partenza. Si potrebbe sintetizzare così il risultato della riunione di ieri del tavolo politico incaricato dal Patto per la Salute di riorganizzare la formazione post laurea dei medici italiani (e non solo, visto l'impatto potenziale del tentativo di separazione delle competenze manageriali dalle competenze professionali) attraverso la definizione del testo del Ddl delega su gestione e sviluppo delle risorse umane del SSN.

Torna la proposta del doppio canale formativo, con i suoi pochi pro e tanti contro, ma prima di ritornare sul contenuto della proposta è saggio palesare subito la filosofia che sta alla base della scelta politica: si propende per la scelta consapevole (ed è qui l'aggravante!) di un modello di formazione in medicina da erogare attraverso rette parallele, che per definizione non si incontrano, e si accantona l'integrazione e la potenziale sistematizzazione offerta dalla modello delle Reti Formative Regionali.
Alla faccia della modernizzazione, della sistematicità e del miglioramento della formazione medica italiana, verrebbe da dire.

Diciamo subito anche questo: il rischio che i giovani medici (e prossimamente tutti gli studenti di medicina) stanno correndo è quello di essere utilizzati a breve come tappabuchi sottopagati (sia a livello di salario sia di opportunità di crescita professionale) e sovraesposti (a livello di responsabilità medico legale e rischi connessi) di un Servizio Sanitario Nazionale sempre più in difficoltà a causa delle politiche di taglio dei finanziamenti (ma mai della spesa inappropriata! C'è rabbia nel pensare agli sprechi e alle inappropriatezze in sanità soprattutto se, sfogliando i giornali, si legge come in questi ultimi giorni dell'ennesimo caso di connivenza tra politica criminale e sanità [1]) in cui il blocco del turnover, che impedisce l'assunzione dei nuovi specialisti ed il ringiovanimento della forza lavoro a tutela della salute del cittadino, sembra continuare ad essere la leva più agevole da manovrare.

In ciò si ravvisa l'ennesimo tentativo di far pagare la sostenibilità della sanità alle giovani generazioni di medici e professionisti sanitari, come se non fosse noto a tutti l'esorbitante conto di sprechi e inappropriatezze organizzativo-gestionali in essere nei vari contesti sanitari regionali.
Nelle bozze finora presentate alla riunioni del tavolo, puntualmente filtrate a mezzo stampa, si è sempre fatto specifico cenno alla volontà di "valorizzazione delle risorse professionali ed umane del Servizio Sanitario Nazionale, [vista] la nuova organizzazione dei servizi sanitari regionali" – intendendo forse richiamare con questo passaggio il modello "do more with less" a cui la sanità pubblica in Italia è appunto chiamata da tempo viste le manovre che negli ultimi anni hanno tagliato circa 31 miliardi di euro [2].

Forse è per questo che, negli ultimi anni, sono stati gonfiati gli accessi al corso di laurea in medicina – complice un certo tipo di caotico non-dibattito politico che ha osservato da lontano l'apertura delle maglie dell'accesso a numero programmato - nel Paese con il rapporto medici/abitanti tra i più alti al mondo? Qualcuno sta realmente cercando di ottenere una dequalificazione professionale della categoria medica per poterla utilizzare a basso costo? Di certo questo lascerebbe presupporre la lettura del fenomeno data in una sanità basata sulle regole del mercato. Se la nostra sanità è stata fino ad ora preservata da queste discussioni è perché è ancora imperniata su un servizio pubblico che ammortizza oltre il 70% della spesa sanitaria. Tuttavia il blocco del turnover e la precarizzazione delle assunzioni ha dimostrato di aver già ampiamente destabilizzato questo contesto ed il massivo disinvestimento sopra descritto sta per certo mandando in pensione il Servizio Sanitario Nazionale così come lo abbiamo conosciuto.

Ecco che parlare di formazione diventa un modo per poter utilizzare le risorse umane a basso costo. Scelta comprensibile nel breve periodo ma sicuramente fallimentare alla lunga, soprattutto ora che i sistemi sanitari sono chiamati ad una crescente competizione all'interno dell'Unione Europea e la libera circolazione dei professionisti non è stata mai così facile.

Tornando all'analisi del testo, con le passate bozze sembrava essere passato il concetto di creare Reti Regionali di Formazione, intese come reti "costituite sia da strutture universitarie sia da strutture ospedaliere" accreditate e sottoposte a monitoraggio costante (prevedendo ovviamente la necessità di revisione del sistema di accreditamento ed alla sua applicazione che sarà utile ad e estromettere le strutture non più idonee a formare medici specialisti).

Questo modello, da tempo proposto dall'Associazione Italiana Giovani Medici (SIGM) a tutti i livelli (es. durante l'audizione presso la commissione XII del Senato della Repubblica [3]) avrebbe ampliato gli orizzonti delineati dalla normativa vigente (reti formative delle Scuole di Specializzazione previste dalla 368/99) e creato finalmente una reale osmosi tra le eccellenze sanitarie del nostro Paese garantendo ai giovani medici italiani migliori possibilità formative e professionalizzanti frutto di una maggiore casistica, maggiori volumi e migliori performance.

Non secondariamente – aggiungo - li avrebbe liberati, finalmente, dalla forzatura di subire una guerra fredda, quella tra Università e SSN, completamente antistorica e gravemente nociva per il futuro della nostra sanità. E, si abbia il coraggio di dirlo, non voluta dalle giovani generazioni di camici bianchi e men che meno dai pazienti-cittadini.
Sul come farlo sembravano esserci diverse idee, alcune buone altre meno buone, almeno nella prospettiva dei giovani camici bianchi e dei cittadini. [4] Tutte ottime, probabilmente, per le lobby sindacali, accademiche o per la governance tecnico-politica del livello regionale.

Ora tutto è tornato al punto di partenza, a quella proposta di assunzione con contratto da comparto (destinato per definizione ad altre figure professionali, non mediche) di giovani neolaureati da far specializzare "sul campo" in sovrannumero parallelamente all'attività dei corsi di specializzazione che resterà immutata.

Tali nuove figure professionali, (neanche lontanamente paragonabili agli attuali specializzandi, sia per status sia per diritti e tutele) sarebbero impiegate, probabilmente, anche in ospedali periferici (spesso da riconvertire o chiudere secondo i criteri di qualità e sicurezza per operatori e pazienti) dotati di una casistica clinica insufficiente e carenti di strutture e risorse umane (tutor) utili a formare uno specialista.

Nella vecchia bozza, ed è lecito immaginare sia stata riproposta anche nell'attuale, era espressa la volontà di "soppressione di un numero di posti nelle dotazioni organiche delle aziende ed enti sanitari equivalenti nel piano finanziario". Di tali restrizioni ne soffrirebbero i neo specialisti e, in prospettiva, tutti gli attuali laureati abilitati e studenti in medicina, che si vedrebbero azzerare nel tempo le future possibilità di assunzione.

Utile ricordare che questa proposta, presentata con la bozza di DDL del 5 novembre 2014, era stata ritirata dopo la dura presa di posizione, nell'ordine, dell'Associazione Italiana Giovani Medici (SIGM), della Federspecializzandi e del Consiglio Nazionale degli Studenti Universitari [5], a cui aveva fatto seguito anche una missiva firmata da un cospicuo numero di giovani Ordinisti di tutto il Paese che chiedevano un intervento della FNOMCeO a tutela della Professione medica [6].

Va poi rilevato che, nel silenzio generale, in questi grandi disegni di riforma resta rimane sempre una grande assente senza la quale difficilmente si potrà riorganizzare la medical education nel nostro Paese: la formazione di medicina generale.

È ora che Ministeri e Regioni abbiano il coraggio di darle dignità conferendole quello status di scuola di specializzazione così "normale" negli altri Paesi dell'EU e così "a-normale" in Italia.

Questo processo di riorganizzazione per "la gestione e sviluppo delle risorse umane in sanità" è una grande opportunità ed è francamente impensabile che con tutti i problemi e le difficoltà a oggi registratesi nei vari corsi regionali la formazione in medicina generale possa essere, per l'ennesima volta, messa in secondo piano.

Passaggio che rischia di rimanere in sordina sebbene di forte impatto sul lungo periodo è quanto riportato dalla lettera c del punto uno dell'art.1: l'intenzione, già presente nelle precedenti formulazioni del contestato art. 22, è quella intervenire sullo "sviluppo professionale di carriera della dirigenza" attraverso 1) l'introduzione di misure per una maggiore flessibilità nei processi di gestione delle risorse umane; 2) la definizione e differenziamento all'interno della dirigenza medica e sanitaria di percorsi di natura gestionale e percorsi di natura professionale.

Se il primo punto appare talmente indefinito da sembrare pericoloso, il secondo lascia intravedere un pericolosissimo attentato ai principi della clinical governance (intesa come approccio sistematico che orienta alla qualità e al miglioramento continuo la pratica clinica centrata sul paziente) con una dequalificante forzata scissione tra competenze manageriali e competenze cliniche, quadro in completa antitesi con ogni evidenza scientifica e ogni modello formativo o gestionale di successo.

Nell'era del "medico manager", leader dei sistemi sanitari complessi, non si comprende come la scelta di un percorso manageriale possa annullare l'attività clinica di un medico, o, viceversa, come sia possibile la scelta di un percorso professionale puro, incontaminato dall'organizzazione e dal management, a meno che questo non si configuri invece come un mero tentativo di "circoscrizione tecnica" di un professionista nel tentativo di espropriare il medico dal proprio ruolo naturale di leader della sanità e dei suoi processi assistenziali.

Insomma, a meno di sterzate dell'ultimo momento il lavoro di questo tavolo politico sembra tradursi nella sconfitta del dialogo e dell'integrazione e nella vittoria dei silos non comunicanti che pensano al mantenimento dello status quo più che al rilancio del sistema. Un sistema formativo, quello sanitario, che ha veramente a che fare con quel Bene Comune di cui tanto si parla ma che molto poco si persegue.


Sitografia
[1] http://www.ansa.it/campania/notizie/2015/01/21/blitz-dia-contro-casalesi-24-arresti_477bab40-828b-4419-a813-89f5ce6e3a24.html
[2] http://www.saluteinternazionale.info/2014/12/un-altro-programma-di-governo-della-sanita-e-possibile/
[3]http://www.giovanemedico.it/index.php?option=com_content&view=article&id=2004:esito-dellaudizione-dellassociazione-italiana-giovani-medici-sigm-alla-commissione-xii-igiene-e-sanita-del-senato-in-merito-al-ddl-lorenzin-1324&catid=121:specializzandi&Itemid=178
[4] http://www.giovanemedico.it/index.php?option=com_content&view=article&id=2152:lettura-critica-delle-bozze-relative-alla-nuova-formulazione-della-legge-delega-ex-art-22-del-patto-della-salute-e-posizione-dellassociazione-italiana-giovani-medici-sigm&catid=1:generichecat&Itemid=142
[5] http://www.giovanemedico.it/index.php?option=com_content&view=article&id=2112:aggiornamento-su-riordino-ordinamento-scuole-di-specializzazione-e-lavori-tavolo-politico-ex-art-22-patto-della-salute&catid=1:generichecat&Itemid=142
[6] https://drive.google.com/file/d/0B1Hl2RpMqOhEbkdhMTBTeXY0OEE/view?usp=sharing