Lavoro e professione

Cineas e chirurghi ospedalieri: «Il risk management ci salverà»

Solo un robusto risk management salverà la sanità italiana dalla spirale perversa del trend in crescita dei sinistri, del caro-polizze e della conseguente fuga dalle assicurazioni, dal fenomeno della medicina difensiva che attanaglia i nostri clinici e dalla confusione normativa in cui da ultima la legge 189 del 2012 (il cosiddetto "decreto Balduzzi") non è riuscita a fare chiarezza. Ne sono convinti gli esperti del Cineas - il Consorzio universitario non profit che ha tra le sue mission la diffusione di cultura e formazione manageriale nella gestione globale dei rischi e dei sinistri e la creazione di competenze e professionalità altamente specializzate - che oggi a Milano hanno presentato un Libro bianco dal nome emblematico: "Ospedali e assicurazioni: come tutelare il paziente, il personale ospedaliero e lo Stato". Accanto a loro, i clinici dell'Acoi, l'associazione chirurghi ospedalieri italiani, con cui hanno realizzato un sondaggio su "rischio clinico e rc professionale". Da cui emerge chiara, da una parte, l'allerta sul boom-denunce e, dall'altra, la richiesta di formazione e maggiori competenze su condizioni e costi delle polizze.

Il libro bianco parte da una serie di dati: intanto, il loss ratio, cioè il rapporto tra cumulo dei premi netti incassati in un esercizio e il cumulo dei sinistri liquidati e riservati nello stesso periodo, aumentato vertiginosamente nell'ultimo decennio. Tanto da comportare risultati disatrosi per le compagnie assicurative», ha spiegato il direttore di Cineas Carlo Ortolani. «Per i sinistri di generazione 2002 - ha precisato infatti il presidente del Consorzio Adolfo Bertani - si è passati dal 149% del 2003 al 296% del 2012, circa il doppio. Al di là dei tempi per agire in giudizio, i dieci anni ridotti poi a 5 dalla recente sentenza del Tribunale di Milano n. 9693, significa che per ogni 100 euro incassati di premio le compagnie ne dovrebbero pagare circa il doppio di risarcimento». Da qui la ben nota fuga dal mercato, che oggi riguarda pure una serie di broker esteri (e si veda da ultimo anche la vicenda AmTrust), e l'insorgere della cosiddetta "autoassicurazione", cioè la gestione diretta del rischio connesso alla rc sanitaria da parte delle aziende sanitarie, con tutti i rischi che questo comporta dal punto di vista soprattutto degli accantonamenti in bilancio del capitale necessario a coprire i possibili eventi. Senza parlare del fai-da te-regionale: «In mancanza di un approccio unitario, allo stato attuale la scelta della modalità di gestione operativa del rischio/dei sinistri derivanti da errori sanitari è prevalentemente demandata alle Regioni che, comprensibilmente, hanno adottato approcci e sistemi operativi eterogenei», spiega nel Libro bianco Paola Luraschi, coordinatrice del gruppo di lavoro sul Libro bianco. «Le poche compagnie estere rimaste sul mercato - continua Luraschi - chiedono dei premi elevatissimi e, pur trattandosi nella quasi totalità di compagnie serie ed affidabili, non sono soggette alle regole previste per quelle italiane: sotto questo profilo le sanzioni dell'Ivass possono arrivare fino al divieto di operare nel nostro paese».

Accanto e a braccetto del caro-polizze va la medicina difensiva, stimata in una zavorra di 13 miliardi. Sullo sfondo, una crisi economica che ostacola in 9 milioni di italiani l'accesso alle cure.

Davanti a questi mali la medicina non può che essere strutturale, organizzativa e corale: «Per invertire questa spirale che si riflette su tutti gli attori in gioco, Stato, strutture, compagnie e pazienti - afferma Bertani - bisogna subito ridurre la sinistrosità». Come? Con «robusti modelli di risk management, attraverso la creazione di competenze specialistiche multidiscipolinari. Tradotto, si tratta di rendere pienamente operativo quell'hospital risk manager previsto dal Testo unico sulla sicurezza sul lavoro (Dlgs 81/2008). Perché «la riduzione del rischio ridurrebbe l'onere dei sinistri e l'ammontare del premio assicurativo». Su questa figura si sofferma diffusamente il Libro bianco presentato oggi e prodotto da Tavolo Assicurazione e Sanità creato nel 2013, di cui fanno parte assicurazioni, associazioni mediche e giuristi, Tribunale per i diritti del malato, università e broker con l'obiettivo di "fare sistema".

Il sondaggio Acoi. L'indagine, intitolata "Rischio clinico ed rc professionale", è stata condotta nella primavera del 2014 sui soci Acoi attraverso 729 interviste complete. L'obiettivo era verificare la conoscenza delle norme che disciplinano la responsabilità professionale, il livello di preoccupazione e di informazione della categoria circa le condizioni e i costi della responsabilità civile professionale e i 'desiderata' in termini di aggiornamento professionale sul rischio clinico. Tutto ciò in base alla riforma delle professioni del 2012, che prevede la stipula di «idonea assicurazione per i danni derivanti al cliente dall'esercizio dell'attività professionale», e all'obbligo in materia previsto dal decreto Balduzzi, entrato in vigore a metà agosto.

Dal sondaggio emerge un qiadro a tinte fosche: quasi 9 chirurghi su 10 affermano che il rischio di subire una denuncia da parte dei pazienti è tra i fattori di maggiore preoccupazione professionale, seguito da quello di perdere il proprio patrimonio personale (83%) e la propria reputazione (77%). Proprio per non correre il rischio di denuncia, il 54% dichiara di aver prescritto più esami strumentali di quelli che riteneva sufficienti, il 48% ha prescritto più esami di laboratorio e il 42% più visite specialistiche. Il 92%, inoltre, ritiene che le norme che disciplinano la responsabilità civile medica abbiano ripercussioni sullo svolgimento del rapporto medico/paziente. Quanto alla Rc professionale, appena l'8% dei medici si dice «molto informato», il 57% si definisce «poco o per niente informato» sulle condizioni delle polizze e il 52% «poco o per niente informato» sui costi.
Infine l'aggiornamento professionale: i chirurghi Acoi esprimono una netta preferenza su materie di "gestione dell'evento avverso" (57%), "gestione del rischio" (52%) e concetto di "responsabilità civile" (46%).