Lavoro e professione

Pazienti a rischio con pochi infermieri, Silvestro (Ipasvi): «Situazione allarmante anche in Italia dove la carenza aumenta con l'età e i blocchi del turn over»

L'Italia non fa parte dei Paesi analizzati dallo studio Usa, ma la situazione non è migliore. Anzi.
«Non siamo stupiti - commenta Annalisa Silvestro, presidente della federazione degli infermieri Ipasvi e senatore Pd in commissione Igiene e Sanità a Palazzo Madama - di ciò che emerge dalla ricerca (VEDI ): è un dato di fatto che dà una ulteriore conferma di quanto il lavoro di équipe tra medici (che soffrono della stessa carenza e degli stessi problemi con risultati analoghi) e infermieri sia fondamentale, ma anche di quanto l'assistenza sulle 24 ore alla persona in ospedale, prerogativa questa dell'infermiere, faccia la differenza rispetto agli esiti. Con un numero adeguato di infermieri preparati e non stressati dalle condizioni lavorative i risultati ci sono e si vedono sui cittadini».

Gli infermieri oggi in Italia sono 418.642 di cui 271.759 (il 65% degli iscritti) dipendono dal Servizio sanitario nazionale. Di questi il 77% è donna. «C'è una carenza di circa 60mila infermieri, rilevantissima - continua Silvestro - e soprattutto dopo questa fase di tagli e razionalizzazioni abbiamo subito una grande contrazione: tutte le uscite sono sostituite in maniera minimale e in alcune Regioni - quelle con i piani di rientro dove la situazione è allarmante - per niente. In questo modo oltre ad aver diminuito la sua presenza effettiva, la professione infermieristica sta invecchiando sempre di più. Quindi: infermieri più anziani, più stanchi, frustrati e demotivati, condizioni che accentuano le conclusioni a cui è giunta la ricerca».

Per di più in Italia, spiega Silvestro, gli infermieri sono spesso utilizzati per mansioni non proprie alla loro professione. «Non c'è il blocco delle assunzioni solo per gli infermieri ovviamente - afferma - e quindi mancano anche gli operatori di supporto (non laureati. Gli infermieri professionali hanno la laurea triennale d'obbligo e gran parte, specie se a livelli di responsabilità nelle aziende, anche quella magistrale di cinque anni, ndr) e questa carenza o si riversa sul malato o ancora una volta l'infermiere deve compensare la situazione, aggravando la sua frustrazione e togliendo ulteriore tempo ai suoi compiti assistenziali».

«Abbiamo tanti giovani pronti a entrare nel mondo del lavoro: che si decida!» incalza Silvestro. Che conclude: «Sono d'accordo con Matteo Renzi che la scuola e la cultura sono essenziali anche per rimettere in moto la macchina economica oltre che per innalzare il livello sociale del Paese, ma non si può continuare a trascurare la sanità e chi per questa lavora: è un ammortizzatore sociale fortissimo e le persone devono aver fiducia nel momento in cui entrano in un ospedale a cui affidano la propria salute e, spesso, la propria stessa vita».