Lavoro e professione

Lenzi (presidente Cun): «In quattro anni persi 1.700 posti di specializzazione». Borsa di studio Lilly a un giovane ricercatore

«In Italia negli ultimi 4 anni abbiamo perso 1.700 posti destinati alle scuole di specializzazione. I posti sono circa la metà di quelli necessari. Siamo in controtendenza rispetto al resto dell'Europa e del mondo che richiede specializzazione e cultura per la scienza. Rischiamo di laureare ottimi professionisti ma perdere tutti i potenziali scienziati e innovatori». A dichiararlo è Andrea Lenzi, presidente del Consiglio universitario nazionale (Cun), ordinario di endocrinologia alla Sapienza di Roma in occasione dell'appuntamento annuale che ha avuto luogo oggi in Senato, promosso dalla Fondazione Lilly nell'ambito del progetto «La Ricerca in Italia: un'idea per il futuro».

L'iniziativa, arrivata ormai alla sua sesta edizione, punta a favorire la cultura della ricerca in Italia proponendo un nuovo modello basato su meritocrazia, trasparenza e valorizzazione economica. Anche quest'anno la Fondazione Lilly ha confermato il suo impegno assegnando una borsa di studio a un giovane ricercatore, Alberto Ranieri De Caterina il vincitore della borsa di studio Fondazione Lilly per il «bracciale salvacuore» che si propone di dimostrare che il bracciale della pressione può proteggere il cuore dai danni dell'infarto, e aprendo il nuovo bando di ricerca. «La ricerca biomedica italiana ha un riconoscimento importantissimo ma non solo manca di investimenti in termini di risorse finanziarie ma anche di risorse umane» ha sottolinea Lenzi.

Scuole di specializzazione: solo 3.300 posti per 7.000 laureati
Dichiara Andrea Lenzi: «Il percorso delle scuole di specializzazione dei medici è ovunque considerata, oltre che uno strumento di professionalizzazione, una via di incremento del sapere critico e scientifico tanto che la legge 240/10 le assimila ai dottorati, per l'accesso ai fondi ricerca e alla carriera accademica. In Italia però, in soli 4 anni abbiamo perso 1.700 posti destinati alle scuole di specializzazione. Erano 5.000 nel 2010 su 6.700 laureati in medicina nello stesso anno. Nel 2013 i posti sono stati ridotti a 4.500. Questo anno, 2014, a oggi sono previsti 3.300 contratti di specializzazione a fronte di circa 7000 laureati. Ne risente l'assistenza, anche in termini di risparmio di spesa dato che lo specialista può coadiuvare la medicina del territorio nel selezionare adeguati percorsi diagnostici e terapeutici».
«Per formare 1.000 specializzandi sono necessari 25 milioni di euro annui. In Italia, il numero ideale sarebbe 6.000, per un totale di 150 milioni di euro», ha chiaricto Lenzi

Sottolinea Andrea Lenzi: «Avremmo bisogno di scovare le vocazioni alla ricerca prima possibile, per questo è necessario migliorare i percorsi formativi pre-laurea finalizzati alla ricerca, con l'istituzione di corsi MD-PhD (MD dottore in medicina; PhD dottore di ricerca), come prevedono i percorsi di studio in USA e in alcuni paesi europei che li considerano i titoli più prestigiosi. Questa impostazione permette di coniugare la formazione professionale con uno specifico addestramento alla ricerca scientifica per instradare alla scienza prima della laurea i più meritevoli e interessati.
Abbiamo bisogno infine - conclude Lenzi - di flessibilità di regole sul Dottorato di ricerca post laurea per non tagliare le ali a progetti innovativi e di sviluppo economico con ricadute immediate sul trasferimento tecnologico all'impresa e al territorio».

My Campus, l'Università che vorrei
In risposta alla scarsa valorizzazione e al graduale impoverimento del percorso di formazione che conduce alla ricerca, la Fondazione Lilly ha affiancato alla borsa di studio una nuova iniziativa. Da quest'anno sosterrà My Campus, l'Università che vorrei, un progetto della Sapienza di Roma. Si tratta di una competizione aperta agli studenti che presentano progetti o idee innovative ai fini della realizzazione di prodotti/servizi e applicazioni immediatamente spendibili nel miglioramento della qualità della vita all'interno dell'Ateneo. La finalità dei premi, infatti, è quella di promuovere, sostenere e incentivare la cultura dell'innovazione per gli studenti già durante i propri studi universitari, anche in collaborazione con enti e imprese.

Il corso per valorizzare la ricerca e lo sviluppo promosso da La Sapienza e dalla Fondazione Lilly

Nel 2011, inoltre, è partito il master in "Sviluppo e valorizzazione della ricerca" - RED-, promosso da La Sapienza Università di Roma e dalla Fondazione Lilly. Giunto alla sua terza edizione, primo e unico nel suo genere offerto da una università pubblica in Italia i cui costi di iscrizione sono quasi interamente coperti da borse di studio, RED è uno strumento nato per potenziare l'imprenditorialità dei ricercatori e unire il mondo accademico con quello delle industrie.

«Una delle grandi difficoltà dei ricercatori italiani, di qualsiasi provenienza biomedica, scientifica o umanistica, è quella di uscire dai laboratori universitari per far fruttare le loro idee con brevetti, spin-off e progetti di collaborazione con il mondo imprenditoriale – sottolinea Andrea Lenzi - La ricerca è la chiave per produrre sviluppo e gli studenti sono i più grandi futuri innovatori e il corso è un vero e proprio laboratorio sperimentale con l'obiettivo di supportare gli studenti nello sviluppo delle loro idee con la creazione di spin-off, brevetti, collaborazioni».

L'obiettivo del corso è quello di stimolare l'autoimprenditorialità e migliorare lo scambio tra il mondo della ricerca e quello del business. La missione del programma è di contribuire in un arco temporale contenuto - circa un quinquennio – a formare circa 100 ricercatori e docenti così da favorire la valorizzazione economica della ricerca e dei brevetti fino ad aumentare il numero complessivo di iniziative imprenditoriali innovative. «Il sistema ostacola la via che porta dalla ricerca ai brevetti fino alla creazione di imprese basate sull'innovazione. Per questo motivo abbiamo supportato il corso de La Sapienza di pari passo con il finanziamento per le borse di studio» afferma Concetto Vasta, direttore generale della Fondazione Lilly.

Il «bracciale salvacuore»
Dal 2008, la Fondazione Lilly ogni anno ha premiato con una borsa di studio un giovane scienziato affinchè possa svolgere in Italia il suo progetto, identificato attraverso un meccanismo di peer-review che garantisca la totale meritocrazia; oggi in Senato è stato premiato Alberto Ranieri da Caterina che riceverà 210mila euro nei prossimi tre anni, per studiare gli effetti del braccialetto salvacuore: il semplice gonfiaggio e sgonfiaggio di un bracciale della pressione ad un arto, prima e dopo la riapertura della coronaria responsabile dell'infarto, potrebbe ridurre il danno finale subìto dai tessuti del cuore. Le stime sono di una potenziale riduzione media del danno da infarto pari al 20 – 30%. Durante l'evento, durante il quale si è discusso di come far ripartire la ricerca alla presenza del mondo accademico e istituzionale, la Fondazione Lilly ha poi annunciato l'ambito del nuovo bando: «Nuove strategie terapeutiche e qualità della vita nelle malattie reumatiche».

Alberto Ranieri Da Caterina, che oggi è un dottorando alla Scuola Superiore Sant'Anna di Pisa, svolgerà la sua ricerca presso l'ospedale Ospedale del Cuore "G. Pasquinucci" di Massa, che è il quinto centro in Italia per numero annuale di infarti: qui confluiscono tutti i casi dell'area nord ovest della Toscana.

Il progetto di De Caterina è stato riconosciuto come il migliore tra i 13 sottomessi quest'anno: «Si tratta di una tecnica a costo zero, se non per i costi iniziali del bracciale della pressione, che è comunque molto economico, e potrebbe ridurre fino al 30% i danni dell'infarto sul cuore» spiega lo scienziato. «Il mio studio ha l'obiettivo di fornire i dati a supporto affinchè entri nella pratica clinica e sia utilizzato con i pazienti prima e dopo l'attacco cardiaco, in ambulanza e nelle ore successive».

Afferma Andrea Lenzi, coordinatore del Comitato scientifico Fondazione Lilly: «Il progetto, premiato fra una rosa di 13 proposte, è stato selezionato dal comitato che presiedo secondo le regole stringenti della peer review. I valutatori, infatti, sono stati sorteggiati da un notaio fra i migliori centri del mondo del settore ed hanno svolto una analisi comparativa in cieco. Questo è il miglior modello oggettivo e replicabile anche su vasta scala».
Sottolinea ancora Lenzi: «Il candidato ha una solida preparazione che nasce anche da sedi di studio capaci di insegnare non solo le basi teoriche ma anche la traslazionalità pratica delle idee, il trasferimento tecnologico e la valorizzazione della scienza applicata nella pratica immediatamente. Formato e specializzato a Roma, il ricercatore è andato poi ad Oxford dove ha avuto questa brillante idea che però adesso svilupperà nel nostro Paese, grazie a questo premio. Gli auguro non solo una brillante carriera scientifica ma anche di sapere mettere in pratica le capacita' imprenditoriali che un giovane ricercatore deve possedere».