In Parlamento

Senato, la commissione d'inchiesta sul Ssn: a rischio sismico il 75% degli ospedali. Cure troppo disomogenee. Marino (Pd): «Con le spese per consulenze si potrebbero restituire i soldi dei ticket»

di Manuela Perrone

Gli ospedali italiani sono vecchi e il 75% degli edifici presenta «gravi carenze» nel caso si verificassero forti terremoti. Le cure sono disomogenee sul territorio e spesso non appropriate. Le residenze sanitarie per anziani sono per il 25% irregolari. La legge Basaglia sulla salute mentale non è ancora stata completamente applicata. Corruzione e consulenze illecite dilagano, nonostante crisi e manovre. A fotografare tutti i mali che affliggono la sanità italiana è la relazione finale della commissione d'inchiesta del Senato sull'efficacia e l'efficienza del Ssn, presieduta da Ignazio Marino (Pd).

«Nel 2008 le consulenze nel settore sanitario ammontavano a 790 milioni di euro», ha sottolineato Marino. «Una cifra inaccettabile se pensiamo che gli ultimi ticket sono stati introdotti per rastrellare una cifra pari a 850 milioni». Il presidente della commissione, candidato Pd per il Senato, ha quindi lanciato una provocazione, facendo il verso a Berlusconi: «Una proposta choc sarebbe quindi quella di cancellare le consulenze e di restituire agli italiani i soldi dei ticket».

Per Marino, l'Italia deve rimediare urgentemente al problema dell'assenza di controlli. Deve dotarsi di «un'agenzia nazionale» di verifica sul servizio sanitario, «uno strumento che sia slegato dalla politica, che valuti le pratiche sul territorio e che premi le migliori». Un'attività che «non può essere affidata solo al lavoro, per quanto encomiabile, dei Nas e di una commissione parlamentare d'inchiesta».

La relazione finale, presentata oggi, riassume tutti i filoni d'inchiesta seguiti dai senatori dal 2008 a oggi con 191 sedute plenarie, 88 riunioni dell'ufficio di presidenza e 57 sopralluoghi. E ricorda quello che forse è il successo più grande del lavoro della commissione: l'indagine che ha fatto luce sull'orrore degli ospedali psichiatrici giudiziari e che ha portato all'approvazione della legge 9/2012 con cui ne è stata disposta la chiusura (anche se le scadenze fissate sembrano lontane dall'essere rispettate).

Ecco, in sintesi, i principali risultati:

Ospedali e rischio sismico. La relazione denuncia la «vetustà» delle strutture ospedaliere italiane e riprende i dati già diffusi nel 2009 con la Protezione civile. L'inchiesta, avviata dopo il terremoto dell'Aquila e i gravi danni subiti dall'ospedale San Salvatore, ha sottolineato che il 75% dei 200 edifici controllati presenterebbe «carenze gravi per terremoti molto forti» e il 60% carenze per sismi «abbastanza importanti» (ovvero di intensità 6 della scala Richter). Insomma: « Se si verificasse un terremoto particolarmente violento con magnitudo superiore a 6,2-6,3, il 75% degli edifici che sono stati verificati crollerebbe».
Non meno di 500 sarebbero gli edifici che «necessitano di una pluralità di iinterventi, che sarebbero strategiche in base alla loro localizzazione in zone ad alto rischio sismico dato che costituiscono un punto di riferimento per la gestione di eventuali situazioni di emergenza post evento». Si tratta di strutture «distribuite soprattutto lungo l'arco appenninico, nella zona dell'Italia centrale ma soprattutto meridionale, in particolare in Campania, Basilicata, Calabria e Sicilia».

Regione che vai, cure che trovi. Avvalendosi della collaborazione del Laboratorio di management e sanità della Scuola superiore Sant'Anna di Pisa e basandosi su un set di indicatori, la commissione ha effettuato un'analisi comparativa dell'efficienza, della qualità e dell'appropriatezza delle aziende sanitarie italiane. Che poi si è soffermata su due percorsi specifici: la salute mentale e l'oncologia . Sconfortanti i risultati: non solo è elevatissima la variabilità dei servizi tra le Regioni, ma anche spesso quella intraregionale. Un esempio per tutti: la percentuale di fratture al femore operata entro due giorni, che è indice di appropriatezza e qualità della prestazione. Ebbene, si va dall'83,63% di Bolzano al 16,23% della Basilicata. Ma dentro la stessa Regione le oscillazioni sono ampie: in Veneto, per dire, si va dal 14,75% all'85,26 per cento.

Salute mentale, troppe lacune. La legge 180/1978 non è stata applicata in maniera uniforme sul territorio nazionale: dove non è stata attuata ci sono «lacune, anche gravi, nella rete globale dell'assistenza sanitaria con differenze anche sostanziali nelle possibilità di cura del cittadino nel luogo di vita».
La commissione d'inchiesta elenca le maggiori criticità emerse dall'indagine, appena conclusa: la difformità tra le Regioni, innanzitutto, con carenze negli interventi per la psichiatria a ogni livello, ospedaliero ma soprattutto territoriale; l'insufficiente funzionamento degli organi sanitari di controllo territoriale, che determina l'abbandono di utenti e familiari; le disfunzioni dei Dipartimenti di salute mentale, talvolta incapaci di uniformare l'offerta di servizi sul loro stesso territorio e scarsamente integrati con «altre agenzie del settore sociale»; l'eccessiva chiusura dei servizi psichiatrici di diagnosi e cura (Spdc), che rimangono «per la maggior parte luoghi chiusi e con ancora largamenti diffuse pratiche di contenzione» e prediligono la «psicofarmacologia»; la carenza e disomogeneità dei servizi di neuropsichiatria infantile; la scarsa risposta ai bdei Centri di salute mentale, aperti limitatamente soltanto di giorno e per cinque giorni a settimana, ai bisogni degli utenti; il proliferare di strutture psichiatriche riabilitative spesso costose ma inefficienti.
Non basta. In Italia - si legge nella relazione - «ci sono ancora 91 strutture psichiatriche che propongono l'elettroshock come prima risorsa, e non come ultima, disponibile». «È un dato che ha sconvolto anche me», ha commentato Marino. «Ci siamo raccomandati affinché l'elettroshock sia praticato come ultima terapia disponibile, invece in 91 centri viene praticata ancora prima dei più comuni farmaci antidepressivi». La situazione più delicata è stata registrata in Sicilia.

Consulenze, lo spreco infinito. La commissione guarda con preoccupazione al proliferare di consulenze esterne nel settore sanitario che costituiscono «uno spreco di fondi imperdonabile, ancor di più in tempi di crisi economica». È stato accertato che nel 2008 la spesa sanitaria ha raggiunto un importo di circa 148 miliardi, rispetto ai quali le consulenze ammontano a 790 milioni, pari a circa lo 0,50% della spesa sanitaria complessiva. Le fattispecie più ricorrenti sono l'illegittimo conferimento di incarichi libero-professionali, gli illegittimi affidamenti di incarichi per attività di consulenza in materia contabile e tributaria, le ingiustificate proroghe di contratti di consulenza, la mancata attuazione di procedure selettive nella scelta dei consulenti e il ricorso a consulenze anche in presenza di professionalità interne all'azienda. Pratiche dure a morire, anche in tempi di vacche magrissime.

Residenze per anziani fuori norma. Dai dati e dalle audizioni sul variegato panorama delle strutture sociosanitarie per il ricovero e l'assistenza agli anziani i senatori hanno tratto una conclusione: le irregolarità sono troppe e i controlli troppo pochi. Nel 2010, su 863 verifiche svolte dai Nas, è emerso il 27,5% di strutture fuori norma: autorizzazioni o accreditamento assenti, mancato rispetto delle leggi nazionali; carenza o assenza totale di attività sociali; carte dei servizi generiche e non ben articolate; carenze igienico-sanitarie; pochi operatori qualificati.