Europa e mondo

Ebola: l'impegno di Cuba e le vecchie barriere

Sulla lotta all'Ebola Cuba dà lezioni di sanità al mondo, ma va affiancata nel suo impegno, superando vecchie barriere diplomatiche. L'isola caraibica è stata infatti una delle nazioni che ha risposto in modo più deciso all'appello dell'Onu per aiutare i paesi africani colpiti dall'epidemia, ma la buona volontà rischia di impigliarsi nei problematici rapporti dell'Avana con gli Stati Uniti.

Il governo di Raul Castro ha già inviato in Sierra Leone un primo contingente di 165 professionisti sanitari, ai quali si aggiungeranno a breve altri 300, e ha convocato per oggi all'Avana un vertice straordinario dell'alleanza Bolivariana per i Popoli della Nostra America (Alba) appunto per discutere della cooperazione regionale contro l'epidemia di Ebola.

Lo stesso segretario di Stato Usa, John Kerry, ha ricordato il caso di Cuba nel ringraziare le "nazioni piccole e grandi che hanno offerto in modo molto rapida un'assistenza concreta sulla linea di fuoco" nella lotta contro l'epidemia.

Da parte sua Fidel Castro, riferendosi ai medici inviati in Africa, ha sottolineato che "coopereremo con piacere con il personale americano, non alla ricerca della pace fra due stati che sono stati avversari durante tanti anni, ma piuttosto per la pace nel mondo". Questi atipici segnali di disgelo, però, sono stati accompagnati anche da polemiche.

Il New York Times è intervenuto con un editoriale nel quale sostiene che "è una vergogna che Washington, principale donatore nella lotta contro l'ebola, non abbia rapporti diplomatici con l'Avana, il volontario più audace contro la malattia". "I responsabili americani e cubani non dispongono dei mezzi per coordinare gli sforzi globali ad alto livello", scrive il quotidiano di New York, secondo il quale "questo dovrebbe servire all'amministrazione Obama per capire che agire rapidamente per ristabilire i rapporti diplomatici con Cuba offre dei vantaggi ben più importanti dei possibili inconvenienti".

Il Washington Post ha assunto una posizione più prudente: da una parte loda l'atteggiamento dei cubani nella lotta contro l'ebola in Africa, ma dall'altra sottolinea che "le cose sono più complesse di quanto possa sembrare", perché i circa 50mila dottori cubani inviati all'estero rappresentano pagamenti per 8,2 miliardi di dollari per l'Avana nel 2014 e questo ha portato a sacrifici sulla pelle degli abitanti dell'isola.

A questo si aggiunge la questione della sicurezza del personale inviato in Africa. Lo stesso Nyt ammette che "non è ancora chiaro come sarebbero trattati ed evacuati i cubani nel caso si ammalassero" mentre il Diario de Cuba, testata dell'esilio anticastrista, ha detto che questi hanno firmato una dichiarazione nella quale hanno accettato di non essere rimpatriati, nemmeno da morti, se si contagiassero di Ebola.