Europa e Mondo

Il caso Ilva nel mirino di Bruxelles: al centro dell'inchiesta direttiva Ippc e diritto alla vita

di Rosanna Magnano

Il caso Ilva esplode sui tavoli Ue. Bruxelles ha infatti posto all'Italia la settimana scorsa una serie di questioni sull'applicazione presso l'Ilva di Taranto della direttiva Ue sulla prevenzione e la riduzione integrate dell'inquinamento Ippc). Lo ha detto oggi Joe Hennon, portavoce del commissario europeo all'Ambiente Janez Potocnik. Bruxelles sta raccogliendo informazioni anche su una possibile infrazione della Carta dei diritti fondamentali, in particolare del diritto alla vita, da parte dell'Ilva.

Il portavoce ha spiegato che la richiesta di documentazione, a cui il governo italiano deve rispondere entro tre settimane, rientra nell'ambito di una procedura di informazione - il cosiddetto sistema Eu-pilot, che precede l'eventuale procedura d'infrazione - aperta nel marzo del 2012, prima cioè del sequestro di parte degli impianti siderurgici nell'ambito di un'inchiesta della magistratura per disastro ambientale.
"La Commissione sta ancora valutando in modo dettagliando l'ultimo invio di documenti ricevuti dall'Italia a metà giugno", ha detto Hennon. "Il governo italiano ha ricevuto un'ulteriore serie di questioni dettagliate l'8 luglio, con una scadenza di tre settimane per rispondere".
Le domande riguardano in particolare "l'applicazione delle condizioni fissate dalla direttiva Ippc nel permesso per l'Ilva, la gestione dei rifiuti e delle acque reflue prodotte dall'Ilva, la possibile infrazione del diritto alla vita previsto dalla Carta Ue dei diritti fondamentali".


Che su questa partita l'Italia si giochi la carta dell'affidabilità anche a livello internazionale lo ha sottolineato il direttore generale del Ministero dell'Ambiente Corrado Clini, in un'audizione in commissione Industria, commercio, Turismo del Senato. ''La prossima evoluzione del caso Ilva - ha sottolineato Clini - non è rilevante solo per il futuro del centro siderurgico di
Taranto, ma anche per la valutazione internazionale sulla affidabilità dell'Italia sia nella gestione delle procedure di autorizzazione e controllo ambientali delle imprese industriali, sia nella coerenza con le direttive e i regolamenti dell'Unione europea''.

Secondo l'ex ministro dell'Ambiente, ''il caso Ilva è stato ed è al centro dell'attenzione internazionale per tre ordini di ragioni''. La prima: ''la nuova procedura di Aia ha assunto come riferimento la lista delle migliori tecnologie disponibili pubblicata l'8 marzo 2012, che entrerà in vigore in Europa a partire dal 2016. Mentre l'industria siderurgica europea ha chiesto un rinvio al 2020, l'Aia rilasciata il 26 ottobre 2012 ne prevede l'immediata
applicazione in Italia''. Questo dato suscita reazioni contrastanti: ''gran parte dell'industria siderurgica europea si augura che l'applicazione di Aia incontri difficoltà e contrasti tali da disapplicarla. In questo modo verrebbe bloccato sul nascere un caso che potrebbe 'fare scuola' in Europa''. Una seconda reazione è quella della Commissione europea che ''considera positivamente l'Aia, sia come test che come strumento utile per orientare finanziamenti pubblici europei e crediti della Banca Europea degli Investimenti nella direzione dell'innovazione tecnologica delle imprese siderurgiche europee''.

La seconda ragione, aggiunge Clini, riguarda la capacità di 'tenuta' della procedura adottata per l'Aia che ''è stata ed è sotto osservazione, come test della affidabilità italiana in materia di autorizzazioni e controlli ambientali''.

Infine, ''la sovrapposizione dei ruoli tra amministrazione e magistratura e' considerata un fattore critico''.

Il governatore Vendola scrive a Squinzi e alle Regioni: serve una norma nazionale sulla valutazione del danno sanitario

Scende in campo sul caso Ilva anche il Governatore pugliese Nichi Vendola. Chiedendo una normativa nazionale che generalizzi il concetto di Valutazione del danno sanitario, la partecipazione delle grandi industrie italiane nella «partita del cambiamento per praticare un nuovo rapporto con il territorio» e una richiesta al Senato di ripristino della figura del Garante dell'Autorizzazione Integrata ambientale per l'Ilva di Taranto.
Vendola ha illustrato i contenuti delle due lettere inviate al Presidente di Confindustria Giorgio Squinzi e a tutti i Presidenti di Regione, oltre che al Presidente della Conferenza delle Regioni.
"Enel, Eni, i grandi colossi industriali del nostro Paese che operano anche in Puglia – ha detto Vendola - non possono pensare di giocare di furbizia o di fuggire dinanzi alle proprie responsabilità. Oggi queste grandi aziende hanno impugnato presso la giustizia amministrativa il regolamento attuativo della Valutazione del Danno Sanitario. Noi non possiamo più immaginare che viga un regime di omertà di fronte al mancato esercizio del diritto alla salute e del diritto alla vita dei cittadini pugliesi".
"Per questo chiediamo a Confindustria e al Presidente Giorgio Squinzi – ha spiegato Vendola - di pronunciarsi su questo argomento. Vogliamo sapere se le imprese italiane, se le grandi industrie sono disponibili a giocare la partita del cambiamento. Se vogliono invece frapporsi alla partita del cambiamento, dell'ambientalizzazione e del diritto alla vita, sappiano sin da ora che noi saremo durissimi nei loro confronti".
Il Presidente Vendola ha poi illustrato i contenuti della lettera inviata a tutti i Presidenti di tutte le Regioni italiane per "proporre loro di avanzare una proposta di legge al Parlamento affinchè la legge sul Danno Sanitario diventi legge nazionale".
Per Vendola infatti "le diossine, i furani, il benzoapirene, le polvere sottili non sono una specialità tarantina, sono purtroppo frutto dell'inquinamento industriale in tutta Italia".
"C'è bisogno – ha aggiunto Vendola - che l'Italia reagisca con forza e con coraggio alle sfide della qualità della vita. Questo è il momento giusto perché l'Italia possa fare un salto di qualità e operare una svolta".

La terza questione infine riguarda il ripristino della figura del Garante dell'Autorizzazione Integrata Ambientale per l'Ilva di Taranto. Vendola ha chiesto al Senato (in attesa di ricevere dalla Camera il testo della legge salva Ilva che istituisce la figura del commissario e sopprime quella del Garante) "un atto di resipiscenza". "Di fronte alle polemiche che hanno coinvolto il commissario Bondi – ha detto Vendola - crediamo che sia assolutamente indispensabile ripristinare la figura del Garante dell'Autorizzazione Integrata Ambientale per l'Ilva. Ci vuole una figura con caratteristiche di terzietà. Ci vuole qualcuno che garantisca Taranto e tutti noi rispetto al diritto alla trasparenza e all'informazione". "Chiedo quindi – ha concluso Vendola - che il Senato sani quella ferita che è stata invece inferta dalla Camera".

Le polemiche

E proprio sulla «scivolata» del commissario Enrico Bondi, continuano le polemiche. Fioccano ancora oggi dichiarazioni roventi sulle affermazioni contenute nella lettera inviata da Bondi alla Regione Puglia e all'Arpa Puglia, pubblicata nei giorni scorsi da Il Fatto quotidiano. Nella lettera - allegata a una perizia critica nei confronti dello studio Sentieri redatta da quattro tecnici, già consulenti dell'Ilva - l'ex amministratore delegato dell'acciaieria scriveva che sarebbe «erroneo e fuorviante attribuire gli eccessi di patologie croniche oggi a Taranto a esposizioni occupazionali e ambientali occorse negli ultimi due decenni». I fattori responsabili per le malattie e i decessi per tumore a Taranto sarebbero altri: «Fumo di tabacco e alcol, nonché difficoltà nell'accesso a cure mediche e programmi di screening». Salvo fare marcia indietro ieri, con una nota: «Non ho mai detto, né scritto che il tabacco fa più male delle emissioni dell'ilva. Le emissioni inquinanti dello stabilimento Ilva di Taranto hanno, a quanto risulta da indagini svolte in sede scientifica e dagli accertamenti disposti della magistratura, avuto rilevanti impatti anche sanitari».

Non sono mancate dichiarazioni indignate da parte di forze politiche e associazioni ambientaliste e dei consumatori. Ultima quella di Federconsumatori. «È a dir poco sconcertante - si legge in una nota - che il commissario Bondi, a fronte dell'incremento dei tumori a Taranto, attribuisca questo dato drammatico al fumo e non all'inquinamento causato dall'Ilva. Secondo Federconsumatori «un rappresentante delle istituzioni, che parla a nome del Governo, non può assolutamente negare la gravità della situazione ambientale nel Tarantino, né ignorare l'evidente e scientificamente dimostrata correlazione tra le produzioni Ilva, l'inquinamento di aria e acque e l'incremento di patologie tumorali nella popolazione residente. A questo punto - prosegue l'associazione - non vorremmo che qualcuno cercasse di farci credere che la polvere rossa che si posa sugli edifici del quartiere Tamburi venga dal fumo delle sigarette e non dalle emissioni della fabbrica». Federcosumatori osserva dunque che «Bondi, certo, ha rapidamente invertito la rotta, tentando di smorzare le
polemiche, ma quanto accaduto é comunque molto grave. Le dichiarazioni del commissario sono fuorvianti e pericolose, poiché possono ostacolare gli auspicabili interventi di bonifica».

Il Wwf, come già Legambiente ieri, solleva un problema di conflitto di interessi: il Wwf denuncia che «il conflitto di interessi non risulta essere cosa del passato ma ancora del tutto attuale perché di fatto Bondi si può considerare ancora formalmente amministratore delegato dell'ilva». Il wwf fa infatti notare che «Bondi ha sì presentato le sue dimissioni il 25 maggio scorso, senza però che l'assemblea dei soci di ilva si sia mai riunita, come previsto, il 5 giugno, per accoglierle». Il che «porta a ritenere che Enrico Bondi, nominato commissario governativo straordinario il 4 giugno scorso per effetto dello stesso decreto legge 61/2013 cha ha sospeso i poteri dell'assemblea dei soci». Di fatto, quindi, «anche le dimissioni di Bondi risultano essere solo sospese». Il Wwf ricorda infine che «quando Bondi svolgeva pienamente il suo ruolo di ad dell'ilva, a quanto risulta dalle rilevazioni dell'Arpa, l'Aia continuava a non essere rispettata e che in questo ruolo, quale rappresentante legale dell'azienda, ha firmato il ricorso al tribunale del riesame contro il sequestro degli impianti il ché comunque lo fa ritenere certamente non come parte terza in questa vicenda».

Invita infine a fermare le polemiche il ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, per avviare al più presto, la fase di risanamento. «La situazione dell'Ilva la conosciamo tutti - spiega Lorenzin - il ministero della Salute sarà chiamato a fare le valutazioni dal punto di vista sanitario. Spero che questa polemica si plachi al più presto - termina - e che invece si possa cominciare la fase di risanamento e di messa in sicurezza dell'Ilva». Secondo il calendario stabilito dall'Aia, ci sono meno di 36 mesi. Un tempo che secondo Edo Ronchi, subcommissario ambientale per il commissariamento dell'Ilva, potrebbe essere sufficiente. Un esempio da seguire c'è: è l'acciaieria di Duisburg, in Germania, che produce 8,5 milioni di tonnellate di acciaio (l'Ilva ne produce 6) «senza impatti significativi», spiega Ronchi. I tarantini aspettano. Il fumo fa male, ma l'Ilva pure.