Sentenze

Cassazione: la presenza del chirurgo non fa il reato

di Manuela Perrone

Bando alle presunzioni. Non si può "costruire" la colpa grave dei medici - avverte la quarta sezione penale della Cassazione nella sentenza n. 10929/2014 - depositata il 6 marzo - «sulla scorta delle rispettive qualità e funzioni rivestite e dei presunti oneri a esse pertinenti e non piuttosto su specifiche e individuali condotte ovvero omissioni concrete eziologicamente collegate in via univoca e diretta all'evento letale terminale».

La Suprema Corte ha annullato una pronuncia della Corte d'appello di Napoli perché il reato di omicidio colposo contestato a quattro chirurghi di una clinica si è estinto per prescrizione. Ma ha anche annullato la condanna al risarcimento del danno, per la debolezza delle argomentazioni del verdetto di merito, con rinvio al giudice d'appello competente per valore.

I camici bianchi erano stati accusati di aver causato la morte di una paziente (arrivata in ospedale dopo un incidente stradale) per negligenza e imperizia, omettendo di diagnosticare correttamente il politraumatismo con rottura della milza e dei visceri cavoaddominali, di effettuare indagini adeguate e di intervenire chirurgicamente, tanto più in presenza di un quadro di occlusione intestinale. Il tribunale di Santa Maria Capua Vetere aveva assolto i medici, rilevando che nei primi giorni di ricovero la donna non aveva riportato alcuna lesione intestinale né aveva manifestato alcun sintomo.

A ribaltare il giudizio ci aveva pensato la Corte d'appello di Napoli: a suo avviso i sanitari avevano disposto in ritardo la Tac all'addome e avevano omesso di approfondire l'esame dell'area addominale, compromettendo le condizioni della paziente. Da qui la condanna alla pena sospesa di un anno di reclusione e al risarcimento del danno, in solido con la proprietà della clinica; alla parte civile i giudici avevano assegnato una provvisionale di 40mila euro.

È su questo verdetto che la Cassazione è intervenuta, accogliendo in parte i ricorsi dei camici bianchi. I Supremi Giudici hanno escluso che ricorressero cause di inammissibilità o elementi evidenti (la prova dell'innocenza prevista dall'articolo 129 Cpp) che inducano al proscioglimento nel merito, limitandosi a rilevare il decorso del termine per la prescrizione.

Ma aggiungono con chiarezza che non ci sono i presupposti per la conferma delle statuizioni civili. Non, come richiesto dagli imputati, per l'applicazione della legge Balduzzi, perché «da nulla si evince che gli imputati siano incorsi in un'imperizia e abbiano richiamato le linee guida e le buone pratiche accreditate»: al contrario, quel che emerge è semmai «una condotta meramente omissiva ascrivibile essenzialmente a negligenza». Ciò che fa la differenza è che «la rivalutazione probatoria da parte della Corte territoriale», conclusa con la condanna, «non è supportata da argomentazioni inconfutabili e comunque tali da non consentire un diverso apprezzamento». La mera presenza in servizio dei medici nel reparto di chirurgia non può far scattare la responsabilità penale.