Dibattiti-e-Idee

Dossier Caritas: un italiano su 10 in povertà assoluta, tassi raddoppiati dall'inizio della crisi

di Rosanna Magnano

Un individuo su 10 in Italia vive in povertà assoluta e dal 2007 a oggi il fenomeno è più che raddoppiato. Il nostro Paese è quindi ancora molto lontano dall'obiettivo Ue di eliminare la povertà e l'esclusione sociale, insieme ad altri otto partner comunitari. Ad aver raggiunto il traguardo o quasi sono invece solo sei (Olanda, Repubblica Ceca, Germania, Portogallo, Polonia e Romania).

Il target fissato per il 2020 dal nostro Paese sarebbe quello di ridurre di 2 milioni 200mila unità il totale complessivo di persone a rischio di povertà o esclusione sociale. Ma nel corso degli anni la distanza dall'obiettivo è andata aumentando. E il Poverty Gap EU-2020, ossia la distanza dell'Italia dall'obiettivo del 2020, è ormai pari ad oltre quattro milioni e mezzo di persone. E' quanto risulta dal Report su Povertà ed Esclusione sociale della Caritas presentato oggi, in occasione della giornata mondiale della lotta contro la povertà.

In Italia nel 2013 le persone in povertà assoluta risultano essere 6 milioni e 20mila; le famiglie 2 milioni e 28mila. L'incidenza della povertà risulta in continua crescita, attestandosi oggi al 9,9% per gli individui e al 7,9% per le famiglie. Dal 2007 (anno che anticipa lo scoppio della crisi) a oggi i livelli di povertà risultano più che raddoppiati, palesando così tutte le difficoltà di un Paese che non conosce segnali di ripresa.

Secondo la Caritas «si sta assistendo a una recrudescenza delle ormai note situazioni di criticità; accanto alle vecchie e irrisolte situazioni se ne aggiungono delle nuove, che definiscono inediti percorsi di impoverimento».

Di particolare gravità è la "questione meridionale". Il Sud, che prima della crisi evidenziava situazioni di svantaggio, sembra vivere adesso situazioni di autentico dramma sociale. Oggi nel Mezzogiorno le persone che non riescono a far fronte a quelle spese base, che garantiscono una vita dignitosa, sono il 14,6% del totale (il 12,6% delle famiglie). In termini assoluti si contano in queste aree oltre 3 milioni di incapienti, praticamente la metà dei poveri di tutta la nazione.

Tuttavia non è solo il Mezzogiorno a registrare segnali negativi. Le aree del Centro e del Nord in poco più di un lustro hanno visto praticamente raddoppiare il peso dei poveri sul totale della popolazione. Infine se fino a qualche anno fa le categorie più vulnerabili erano perlopiù le famiglie di anziani, i nuclei con 5 o più componenti, le famiglie con disoccupati. Oggi a queste se ne aggiungono di nuove: nuclei di giovani, famiglie con uno o due figli, famiglie il cui capofamiglia risulta occupato (le cosiddette in work poverty).

Ai centri di ascolto Caritas sono sempre di più gli italiani , soprattutto anziani. Tra gli assistiti oggi quasi uno su due è di nazionalità italiana (esattamente il 46,5%). Solo un anno fa, nel primo semestre 2013, la percentuale si attestava al 31,1%. È soprattutto il Mezzogiorno a registrare l'incremento più evidente: in queste zone gli italiani rappresentano il 72,5%.

In termini di età prevalgono i giovani adulti della fascia di età 35-44 (27,1%) e di quella 45-54 (26,0%). Tra gli stranieri risulta più alta l'incidenza degli under 34; tra gli italiani al contrario è più elevato il peso degli over 55. Rispetto alla condizione occupazionale prevale chi è in cerca di un'occupazione (il 62,7% del totale). Diminuisce nel corso degli anni il peso degli occupati.

«Tale tendenza può essere letta - spiega la Caritas - come una conseguenza del calo di occupazione che sta vivendo il nostro Paese e che produce effetti ancor più negativi su chi, già prima della crisi, viveva situazioni di fragilità sul fronte lavoro: precari, working poor, lavoratori saltuari.

I bisogni. Come un anno fa prevalgono i bisogni legati a situazioni di povertà economica: più di un utente su due (il 54,3%) ammette di vivere in uno stato di deprivazione. Tali situazioni vissute in modo analogo da italiani e stranieri coincidono spesso con l'assenza di un reddito o con un livello di reddito insufficiente. Seguono poi i problemi occupazionali (45,0%) e abitativi (20,1%). Tra gli italiani non irrisorie le situazioni di chi vive disagi e vulnerabilità familiari (15,9%). Rispetto agli interventi prevale l'erogazione di beni e servizi materiali (56,3%); tra questi spiccano in particolare la distribuzione di viveri e di vestiario e i servizi mensa.

La seconda voce di intervento è quella dei sussidi economici, in particolare: pagamento bollette, contributi per le spese di alloggio, acquisto di generi alimentari, sostegno per le spese sanitarie. Tra gli interventi realizzati, alto è anche il peso delle attività di orientamento, in crescita rispetto al passato; a beneficiare di tali servizi sono soprattutto i cittadini stranieri, presumibilmente i più fragili sul fronte amministrativo-legale. In molti, infine, hanno beneficiato dei soli interventi di ascolto, magari in profondità e reiterati nel tempo.

Il 2015 non sarà l'anno della svolta . Il quadro economico è segnato da indicatori ancora più negativi degli anni precedenti e le misure predisposte non sono in grado di fornire una risposta adeguata «E a meno di ulteriori sviluppi finora non annunciati - sottolinea la Caritas - l'onda delle povertà assoluta al 10 per cento nel nostro Paese verrà contrastata dal probabile rifinanziamento della social card tradizionale, dalla prosecuzione delle sperimentazioni previste già dal governo Letta, dall'avvio progressivo dell'utilizzo delle risorse del Fead, il nuovo fondo europeo per sostenere i cittadini sprovvisti di beni essenziali. Ma a nostro avviso, queste misure non sono in grado di prendere in carico le povertà vecchie e nuove del Paese, e questo anche a causa del carattere eccessivamente categoriale di molti di tali provvedimenti, limitati a segmenti di famiglie in condizioni di disagio. Inoltre, il carattere sperimentale di molte novità legislative rischia di trasformarsi in un alibi per perenni strategie dilatorie, di rinviata presa in carico istituzionale del problema della povertà e dell'esclusione sociale in Italia».

La priorità: un Piano nazionale di contrasto alla povertà. A patto, secondo la Caritas di rispettare alcune cautele: «avviare un lavoro di consultazione con la comunità civile, i soggetti sociali e istituzionali; comunicare in modo trasparente i risultati delle sperimentazioni; definire le tappe di una roadmap in grado di qualificare in senso sussidiario il sistema di protezione sociale territoriale; fondare sempre le nuove proposte su attività di studio, in grado di quantificare i fabbisogni sociali dei diversi territori. A quest'ultimo riguardo, pesa la scomparsa della Commissione nazionale di indagine per l'esclusione sociale, provocata dai tagli al bilancio del Governo Monti, e di altri luoghi di consultazione sociale e scientifica, in grado di superare pregiudizi e luoghi comuni sulla povertà».

Per tutte queste ragioni Caritas Italiana ha promosso – insieme ad altri soggetti sociali e forze sindacali – l'Alleanza contro la povertà in Italia, allo scopo di sensibilizzare il Paese su questo tema e proporre una nuova misura di contrasto universale ai fenomeni connessi, il Reddito di inclusione sociale, in una forma progressiva e sostenibile sul piano della finanza pubblica, per fornire risorse e progetti di inclusione a quanti vivono sotto la soglia di povertà assoluta.