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Il Welfare integrato occasione per tutelare le famiglie e valorizzare «la white economy»: proposta Censis-Unipol

di Barbara Gobbi

Passa da una piena integrazione tra pubblico e privato la possibilità per le famiglie italiane di supplire alla ormai piena erosione delle risorse private e alle carenze, dal punto di vista dell'offerta, del nostro servizio sanitario.

E' la tesi sostenuta nel rapporto 2014 "Welfare Italia. Laboratorio per le nuove politiche sociali" di Censis e Unipol, che sarà presentato oggi a Roma e che questo sito è in grado di anticipare.
Dopo una prima fase di sostanziale tenuta, in cui gli italiani per sostenere le spese sociosanitarie hanno attinto alle risorse familiari con spese out of pocket che tra 2007 e 2012 sono aumentate del 9,2%, nel 2013 questo esborso è tornato a ridursi del 5,7%, arrivando a 26,9 miliardi di euro. Ciò vale sia per le spese squisitamemte mediche di diagnostica e specialistica, sia per l'assistenza e cura alle persone disabili e non autosufficienti: per le "badanti" dopo un periodo di crescita costante (+4,2%) si comincia a registrare ora una flessione nella spesa (-0,4% nel 2013).

Nel frattempo, davanti alla crescente domanda di cura e assistenza, il welfare pubblico "regge" sempre meno. Tanto che il 73% delle famiglie italiane - si legge nel report - ha fatto ricorso almeno due volte negli ultimi due anni a visite specialistiche o a esami diagnostici a pagamento (in intramoenia o presso studi privati). Nel 75% dei casi, sono le liste d'attesa inaccettabili a spingere verso il privato le famiglie, che però nel 72% dei casi dichiarano che avrebbero difficoltà, oggi, ad affrontare spese mediche particolarmente impegnativi dal punto di vista economico. Il 31% delle famiglie indica di avere rinunciato almeno una volta negli ultimi due anni a visite specialistiche, ad esami diagnostici o a cicli di riabilitazione. Il che si traduce in 10 milioni di famiglie rinunciatarie per necessità, al minimo, di circa 10 milioni di prestazioni sanitarie.

La proposta. In questo quadro di profonda incertezza e di profondo cambiamento, secondo Censis e Unipol non ci si può certo permettere il lusso di ignorare opportunità e modelli alternativi. Mettere insieme quel «volano per la crescita e l'occupazione» che è la "white economy", cioè l'economia della salute, del benessere, della cura della persona - e che nella sua accezione più ampia include l'industria farmaceutica, del biomedicale e della diagnostica - con un sistema integrato di welfare che introduca consenta alle famiglie di guardare con maggiore consapevolezza al futuro immediato, potrebbe essere la soluzione. Basta guardare i numeri citati nel Rapporto: l'"economia bianca" genera un valore della produzione superiore a 186 miliardi annui, il 6% della produzione totale, con un'occupazione superiore a 2,7 milioni di unità.

«E' necessario far evolvere il mercato spontaneo e informale dei servizi alla persona in una moderna organizzazione che garantisca prezzi più bassi e migliori prestazioni utilizzando al meglio le risorse disponibili», spiega il direttore del Censis Giuseppe Roma. Mentre per Pierluigi Stefanini, presidente del Gruppo Unipol, «se sapremo superare i pregiudizi consolidati, il pilastro socio-sanitario, inteso non più solo come un costo, può divenire una solida filiera economico-produttiva da aggiungere alle grandi direttrici poitiche per il rilancio della crescita nel nostro Paese».

A sostenere la ricetta, la ministra della Salute Beatrice Lorenzin. Dopo la firma - domani - del Patto per la salute che Lorenzin ha definito «uno dei pilastri per la sostenibilità del sistema», in occasione del convegno Censis-Unipol la titolare di Lungotevere Ripa ha annunciato l'avvio di altri due "pilastri": insieme al piano per la fertilità, in autunno sarà la volta della riforma della sanità integrativa che «grazie al sostegno dei privati, può interagire con il pubblico». L'idea della ministra è di organizzare «la sanità integrativa, sia con i fondi e sia con le assicurazioni, in modo tale da creare una complementarità anche per quanto riguarda il settore pubblico». Lorenzin immagina anche «dei fondi aperti. Penso ai lavoratori che perdono il lavoro, a come accompagnarli nei cambi di professione» . Si tratterà di un sistema che non si va a sovrapporre «al servizio sanitario nazionale, ma dovrà essere integrato in una logica di sviluppo del sistema per creare anche una cultura del risparmio, utile all'assistenza per quando si sarà più anziani». Inoltre, dovrà essere concepito in una logica di integrazione socio-sanitaria: «penso - ha concluso Lorenzin - non soltanto all'aspetto di sanitario ma anche di servizi alla persone». Questo pilastro del sistema sarà particolarmente utile «per l'assistenza sociale, la riabilitazione, per i momenti più difficili, per le persone più fragili».

La chance sanità integrativa. L'idea contenuta nel report Censis-Unipol è che «la modernizzazione e la crescita della "white economy" non possono passare solo per un investimento pubblico ma, viceversa, devono passare attraverso l'attivazione di un'offerta privata di servizi e di strumenti assicurativi e finanziari privati, di tipo integrativo, coordinati con l'offerta pubblica e sottoposti, ovviamente, alla vigilanza di organismi indipendenti competenti per materia».A conferma della tesi, Censis e Unipol presentano nel rapporto una disamina dell'approccio degli italiani nei confronti della sanità e della previdenza integrativa, soluzioni verso le quali prevalgono ancora oggi, a differenza di quanto accade in altri grandi paesi europei, scarsa conoscenza e diffidenza. Mentre regnano sovrane improvvisazione e fai-da-te.
Se il 70% del campione intervistato si dice interessato a strumenti di copertura assicurativa, appena il 18% ha sottoscritto una polizza per cura o (molto più raro) per l'assistenza. La stima è che 5 milioni di persone sarebbero interessate a conoscere meglio questi strumenti e a determinate condizioni di costo, a sottoscriverli. Dall'indagine emerge un quadro ben preciso delle "condizioni" che andrebbero create per avvicinare le famiglie italiane a questi strumenti: la possibilità di usufruire del rimborso completo delle spese affrontate in ambito privato e la possibilità di coprire gli esborsi per l'intero nucleo familiare. Ulteriore "appeal" deriverebbe dalla possibilutà di accedere a strutture sanitarie la cui qualità fosse garantita dall'organismo assicurativo, la possibilità di tagliare i tempi d'attesa per l'accesso alle cure o agli esami diagnostici e la possibilità di godere di assistenza h24.

In sintesi, copertura globale e servizio integrato sono le due parole-chiave. Utili a orientare i decisori e soprattutto utili, una volta che il modello fosse stato costruito, a soddisfare la domanda di cure sempre più insoddisfatta delle famiglie. Ma - ricordano infine nel Report Censis e Unipol - se questo è il quadro la sfida per l'immediato futuro propone molteplici obiettivi. Serve, è la ricetta, una «cultura più consapevole del welfare integrativo, rendere più facilmente accessibili tali strumenti, agire sulla leva di prezzo per allargare la platea dei possibili sottoscrittori (...) e offrire un'assicurazione che si ispiri al concetto di servizi integrati e di qualità».