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Autismo, l'Italia celebra la Giornata mondiale e fa i conti con i gap su fondi e assistenza

di Barbara Gobbi

Un'ora di psicomotricità e un'ora di logopedia a settimana. Questo è ciò che di standard passa il convento (cioè il Servizio sanitario nazionale) - a fronte delle 25 ore raccomandate di terapia - alle 550-600mila famiglie che in Italia convivono con l'autismo. O forse più: perché sull'autismo, in Italia come in molti Paesi d'Europa, di dati ufficiali non ce ne sono. Un "dettaglio" che la dice lunga su quanto lavoro sia necessario fare perché questo disturbo cronico dello sviluppo, di cui oggi si celebra la Giornata mondiale, entri a pieno titolo nelle agende della programmazione sanitaria nazionale e regionale.

«Il problema è in crescita - tiene a precisare il presidente dell'Istituto superiore di Sanità Fabrizio Oleari - e se facciamo una giornata è per sensibilizzare sul tema. Esiste una mozione per impegnarci in politiche attive su questa sindrome, di cui l'eziopatogenesi resta oscura. Abbiamo una valanga di fenotipi, ma ancora ci sfugge la chiave di lettura e la comprensione di come intervengano i fattori genetici e ambientali».
La parola d'ordine è fare rete: con le famiglie, tra le istituzioni, con le Regioni, con gli organismi internazionali. Pure la Santa Sede si è mossa: tratterà i disturbi dello spettro autistico in occasione della conferenza di novembre sui temi sanitari, mentre durante il semestre di presidenza italiana dell'Unione europea, si svolgerà una conferenza sull'autismo». Intanto oggi Oleari annuncia una «cooperazione della ricerca in Europa, che a livello nazionale prosegua agendo sia con il ministero della Salute che con il Miur dal punto di vista della ricerca universitaria».

Di passi avanti, negli ultimi anni, ne sono stati fatti: con la Linea guida n. 21 varata dall'Istituto superiore di Sanità e, a seguire, con le "Linee di indirizzo per la promozione e il miglioramento della qualità e dell'appropriatezza degli interventi assistenziali nei disturbi pervasivi dello sviluppo, con particolare riferimento ai disturbi dello spettro autistico", approvate dalla Conferenza unificata il 22 novembre 2012. Un accordo che, come ricordano dall'Associazione nazionale dei genitori Angsa (si veda l'articolo allegato), fornisce le direttive pratiche a regioni, sanità, scuola ed enti locali per dare attuazione concreta alla Linea guida dell'Iss e per consentire di adeguare subito gli interventi educativi, sociali e terapeutici.

Quelli di cui si parla oggi nei tre principali eventi organizzati per celebrare la giornata, informare la popolazione e sensibilizzare le istituzioni: un convegno nazionale realizzato con l'Unità operativa di Neuropsichiatria infantile all'ospedale pediatrico-Irrcs Bambino Gesù di Roma ("L'autismo non è isolamento"), un convegno organizzato sempre a Roma, al Campidoglio, dall'Iss e dedicato a "I disturbi dello spettro autistico, dalla diagnosi precoce all'età adulta" e, a Firenze, il seminario internazionale "Autismo: educare e prendersi cura, Scuola e Sanità si incontrano".

Tre occasioni per presentare l'esistente e lo stato dell'arte dei lavori in corso perché in Italia essere persone con autismo o loro familiari non significhi più essere lasciati soli. L'appuntamento al Bambino Gesù è infatti anche l'occasione per sollecitare al Parlamento l'adozione di una legge che recepisca la Linea guida Iss e le Linee di indirizzo della Conferenza unificata come Livelli essenziali di assistenza e istituisca un fondo dedicato. Mentre anche di risorse, inevitabilmente, si parla all'evento Iss in Campidoglio: per mettere a punto uno studio di popolazione, che coinvolga necessariamente circa 50mila bambini tra i 7 e i 9 anni arruolando, tra l'altro, il personale delle scuole e dei servizi territoriali, serviranno milioni di euro. Che forse arriveranno dall'Ue, se l'Istituto superiore di Sanità riuscirà a costruire una rete italiana ed europea con il supporto dell'Ocse e dell'Oms.

Un'altra rete già esiste ed è quella coordinata sempre dall'Iss, dedicata alla diagnosi precoce tramite Irccs e Asp in 4 regioni (Sicilia, Toscana, Lazio e Lombardia). Destinatari sono i cosiddetti "bambini ad alto rischio", fratelli di soggetti già diagnosticati, per cui la media della ricorrenza di rischio è pari al 19%). I finanziamenti – 600mila euro arrivati dal ministero della Salute nel 2010 e 441mila stanziati dal Ccm nel 2012 sono agli sgoccioli e «ad aprile 2015 – sottolinea per l'Iss Maria Luisa Scattoni – il progetto rischia di chiudere, se non interranno altre risorse. Risorse che dovrebbero essere stabilizzate, perché seguire questa popolazione a rischio è una vera e propria missione».

Nel frattempo l'Istituto superiore di sanità sta provando a mappare l'esistente, con un progetto "disegnato" due anni fa insieme al ministero e che prevede un'indagine nazionale per conoscere l'offerta rivolta ai minori con disturbi pervasivi dello sviluppo. «L'idea di fondo – come ricorda la coordinatrice Aldina Venerosi dell'Iss – è ottenere una conoscenza qualitativa e quantitativa per ottenere informazioni utili alla programmazione e poter realizzare un monitoraggio sistematico dei servizi». La mappatura dovrebbe concludersi a fine 2014, ma l'obiettivo sembra ambizioso se a oggi hanno "risposto" solo Piemonte, Friuli Venezia Giulia, Trentino, Toscana, Emilia Romagna, Sardegna, Umbria, Marche, Calabria, Sicilia e Basilicata. Una volta inviati alla Regione, infatti, i dati della scheda di rilevazione vanno inoltrati a tutte le strutture pubbliche e private convenzionate deputate alla neuropsichiatria e alla riabilitazione in età evolutiva, che devono a loro volta compilarle e inviarle all'Iss.

È infine ancora tutto in salita il monitoraggio, ancora allo stadio iniziale, condotto dal ministero della Salute in collaborazione con il Gism sull'applicazione delle Linee di indirizzo adottate dalla Conferenza Unificata. «Il recepimento formale - spiega Teresa di Fiandra, Dg Prevenzione sanitaria ministero della Salute - è avvenuto solo in Piemonte, Emilia Romagna, Abruzzo, Molise e Puglia. Anche se va detto che altre realtà avevano già previsto nella programmazione regionale delle indicazioni specifiche: si tratta della P.a. di Trento, del Veneto, della Liguria, della Toscana, della Sardegna e della Lombardia». Eppure il Piano d'azioni adottato a novembre 2012 pare decisamente la via da seguire per capire quali esperienze stanno funzionando e per sviluppare due obiettivi prioritari: far sì che ogni Ssr gestisca i propri servizi con il modello della rete clinica e promuovere l'intersettorialità tra gli ambiti Salute, Sociale, Istruzione e Lavoro.

LIANA BARONI (ANGSA)

GIOVANNI MARINO (FANTASIA)