Dal governo

Medicina difensiva, tutti i numeri del ministero e una commissione nuova di zecca

di Lucilla Vazza

Il boom della medicina difensiva costa 10 miliardi di euro, lo 0,75% del Pil e per il 93% dei medici è «invitabile» e dunque destinata ad aumentare. E per questo, la ministra Lorenzin ha detto che bisogna «trovare delle soluzioni valide per risolvere un fenomeno che incide sulla spesa sanitaria in misura pari al 10% del Fondo sanitario nazionale» e ha istituito una commissione specifica sul fenomeno. Inoltre, per mettere a fuoco quanto vale questo comportamento dei medici, il ministero ha raccolto in un documento i dati disponibili sula medicina difensiva.

«In questi anni sono state fatte alcune cose – ha ricordato Beatrice Lorenzin, che è intervenuta alla Conferenza stampa di presentazione della Commissione consultiva per le problematiche in materia di medicina difensiva e di responsabilità professionale degli esercenti le professioni sanitarie – il primo tentativo è stato quello di un approfondimento la questione della malpractice con comparazioni con altri paesi per adottare riforme strutturali ad hoc. La legge Balduzzi ha provato a normare e a dare una chiarezza interpretativa, ma non è riuscita ad essere operativa per vari motivi». E proprio sul tema del contenzioso il neopresidente della commissione, Guido Alpa ha precisato che i dati del Cnf (consiglio nazionale forese) relativi alla mediazione in campo sanitario «siano i più scoraggianti, visto che la maggior parte delle compagnie di assicurazione non si presenta all'incontro, costringendo così il medico a andare in giudizio».

Non è un mistero che il Parlamento sia impegnato da oltre due anni su sette proposte normative per arrivare ad un testo unico che garantisca da un lato al paziente il risarcimento in caso di danno grave e dall'altro per lasciare al professionista un maggiore respiro nell'esercitare la professione medica, oltre al grande tema delle assicurazioni. Ma per Lorenzin tutto questo non basta e per questo motivo è stata creata la Commissione consultiva al ministero della Salute. «Se riusciamo grazie a questo a trovare la quadra e un punto di caduta per tutti e un veicolo veloce saremo tutti soddisfatti».

La Commissione consultiva per le problematiche in materia di medicina difensiva e di responsabilità professionale degli esercenti le professioni sanitarie dovrà fornire al ministero un supporto per l'approfondimento delle tematiche relative alla responsabilità professionale e alla medicina difensiva e l'individuazione di possibili soluzioni, anche normative. Tenendo presente che per loro stessa ammissione l'80 per cento dei medici ha praticato medicina difensiva almento una volta nell'ultimo mese di lavoro.

Commissione bocciata dell’Anaao. Ma sulla novità, è arrivata a gamba tesa una dichiarazione dell’Anaao: «Una massima della prima Repubblica recitava “quando non vuoi risolvere un problema, insedia una commissione”. Nemmeno la terza repubblica sembra sfuggire a questa logica». «Siamo di fronte - prosegue il sindacato - a un atto di sfiducia ed una delegittimazione non solo degli addetti ai lavori, ma anche dei parlamentari, destinati ad essere bypassati dai consulenti del ministro.
Aspettiamo ora l'ennesimo documento dell'ennesima commissione di esperti, come se in questi anni niente fosse stato detto da parte delle organizzazioni sindacali e delle società scientifiche e nessuna ipotesi di soluzione fosse stata avanzata».
E senza mezzi termini, Anaao conclude dicendo che «la medicina difensiva e la responsabilità civile penale e patrimoniale dei medici, gli unici esposti alla gogna mediatica che riduce ogni evento avverso alla categoria dell'errore, è un problema troppo serio per permettersi di perdere ulteriore tempo in tattiche dilatorie che troppo ricordano l'agitarsi a vuoto diffuso nella marina borbonica».

Perché si pratica la medicina difensiva? Nel report si affronta anche il tema delle dimensioni del fenomeno e le ragioni per le quali la medicina difensiva è praticata. Le indagini scientifiche hanno dato risultati ampiamente sovrapponibili: il 77,9% del campione ha tenuto almeno un comportamento di medicina difensiva nell'ultimo mese di lavoro (92,3% nella classe 32-42 anni). Il 68,9% ha proposto o disposto il ricovero di pazienti che riteneva gestibili ambulatorialmente e il 61,3% ha prescritto un numero di esami maggiore rispetto a quello ritenuto necessario per effettuare la diagnosi.
Secondo le indagini riportate nel report, il 78,2% per cento dei medici ritiene di correre un maggiore rischio di procedimenti giudiziari rispetto al passato e il 65,4% per cento ritiene di subire una pressione indebita nella pratica clinica quotidiana a causa della possibilità di tale evenienza. Per il 67,5% si subisce l'influenza di esperienze di contenzioso legale capitate ai propri colleghi e il 59,8% ha timore di ricevere richieste di risarcimento. Inoltre il 51,8% risente di precedenti esperienze personali di contenzioso legale ed il 43,5% esprime il timore di ricevere pubblicità negativa dai mass-media. Infine il 15% teme di incorrere in sanzioni disciplinari.
Le azioni più frequenti di medicina difensiva. Il 58,6% dei medici ha chiesto il consulto di altri specialisti pur non ritenendolo necessario.

Il 51,5% ha invece prescritto farmaci non necessari e il 24,4% ha prescritto trattamenti non necessari. Il 26,2% ha escluso pazienti a rischio da alcuni trattamenti, al di là delle normali regole di prudenza e il 14% ha evitato procedure rischiose (diagnostiche o terapeutiche) su pazienti che avrebbero potuto trarne beneficio.

La pressione sui medici. Infine il report riprende una recente indagine Agenas del 2014 effettuata su 1.500 medici ospedalieri in cui si evidenzia come il 58% dei camici bianchi pratica medicina difensiva e per il 93% è destinata ad aumentare.
Lo studio spiega anche il perché si fa medicina difensiva:
- per il 31% è colpa della legislazione sfavorevole per il medico,
- per il 28% il rischio di essere citati in giudizio,
- per il 14% lo sbilanciamento del rapporto medico-paziente con eccessive richieste, pressioni e aspettative da parte del paziente e dei familiari.
La componente emotiva e la falsa sicurezza indotta dai comportamenti difensivi sono infatti tra i principali fattori che mantengono e potenziano il fenomeno. Secondo gli intervistati le soluzioni potenzialmente efficaci per ridurre il fenomeno sono per il 49% quello di attenersi alle evidenze scientifiche e per il 47% quello di riformare le norme che disciplinano la responsabilità professionale.