Dal governo

Irpef, si allarga il fronte del no ai tagli

Si allarga il fronte dei contrari a ulteriori tagli alla sanità previsti nel decreto Irpef all'ordine del giorno del Consiglio dei ministri di oggi pomeriggio. L'ultimo appello è quello di Emilia Grazia De Biasi, presidente della Commissione sanità del Senato: «Invito il consiglio dei ministri ad avere un ripensamento». La senatrice Pd esprime fortissima preoccupazione per i tagli alla sanità: «E' in gioco la qualità del servizio sanitario nazionale».


A giudizio di De Biasi «ulteriori tagli penalizzerebbero il diritto alla salute e ricadrebbero sui cittadini, che già pagano le tasse, e sul personale medico e sanitario nel suo complesso che fra mille difficoltà, anche economiche, continua a fornire un servizio di alta qualità nel nostro paese. Ricordo - continua - che il servizio sanitario italiano, a cui tutta l'Europa guarda, ha già subito pesanti tagli negli scorsi anni. Sono convinta che ci siano risparmi da effettuare, ma insisto, anche a nome dell'intera commissione Sanità del senato che ho l'onore di presiedere, tutto ciò che viene risparmiato nella sanità deve essere reinvestito nel Sistema sanitario nazionale».


E sulla insostenibilità di ulteriori tagli interviene anche il Collegio italiano primari oncologi ospedalieri (Cipomo): «Tagli lineari che colpiscano indistintamente comportamenti corretti e scorretti - ammonisce il presidente Cipomo Gianpiero Fasola - prescrizioni appropriate e inappropriate, discipline con trend di riduzione o in aumento, non rappresenterebbero una buona, né nuova, politica sanitaria".


In queste ore di attesa per il Consiglio dei ministri che esaminerà il decreto Irpef la cui bozza prevede una stretta su sanità e farmaceutica, l'esperto invita piuttosto le istituzioni ad affrontare la questione dei costi delle nuove terapie. "Nei 3 mesi che abbiamo alle spalle - riferisce in una nota - tutti i primari oncologi ospedalieri hanno affrontato la discussione della scheda di budget per il 2014 con le direzioni generali". E in base alle segnalazioni ricevute dal Cipomo, "in molti casi siamo usciti dalla negoziazione con una assegnazione di risorse per i farmaci oncologici insufficiente a far fronte alle esigenze di trattamenti appropriati per l'anno in corso, tenendo conto delle nuove molecole in fase di approvazione".

Di fronte a questa situazione "si possono fare molte cose", analizza l'esperto: "Decidere che alcuni trattamenti l'Italia non può permetterseli, negoziare con le aziende prezzi inferiori, chiedere una riduzione dei costi di alcuni farmaci innovativi ad alto costo che sono sul mercato già da anni. Se vi sono ospedali o aree del Paese nelle quali il rapporto tra i casi trattati e la spesa per farmaci si discosta in modo sospetto dalla media, lo Stato ha gli strumenti per intervenire".


"Quello che non si dovrebbe fare è lasciare soli di fronte ai pazienti i direttori delle Oncologie e i direttori generali nella gestione di una riduzione non sostenibile delle risorse, proprio mentre istituzioni dello stesso Stato autorizzano l'inserimento di diversi nuovi farmaci ad altissimo costo per alcuni importanti tumori come ad esempio quello della prostata, della mammella e del melanoma: le stime più realistiche prevedono un incremento del 10-15% della spesa".