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Allattamento al seno: non c'è rischio con le indagini radiologiche

Se la madre viene sottoposta a indagine radiologica (TAC, RMN) con mezzo di contrasto (in particolare gli agenti di contrasto iodati e quelli a base di gadolinio) l'allattamento al seno è sicuro per il bambino allattato di qualunque età gestazionale. Fra tutti i mezzi di contrasto solo quelli a base di gadolinio della categoria "ad alto rischio di fibrosi sistemica nefrogenica" (gadopentetato dimeglumina, gadodiamide e gadoversetamide) vanno prudenzialmente evitati.

Sono queste le conclusioni della revisione della letteratura disponibile sulla sicurezza per il bambino in seguito alla somministrazione di mezzi di contrasto in corso di indagini radiologiche alla madre che allatta del Tavolo tecnico operativo interdisciplinare per la promozione dell'allattamento al seno, istituito al minisetro della Salute e a cui partecipano la Società Italiana di Radiologia Medica (SIRM), Società Italiana di Pediatria (SIP), Società Italiana di Neonatologia (SIN).

Secondo le conclsioni del Tavlo non c'è bisogno di sospendere temporaneamente l'allattamento e gettare il latte spremuto dopo un'indagine radiologica con mezzo di contrasto. Questa misura può essere riservata ai casi in cui l'indagine radiologica sia stata eseguita con
gadopentetato dimeglumina, gadodiamide o gadoversetamide. In tutti gli altri casi, e quindi nella maggioranza dei casi, il bambino allattato può riprendere da subito i pasti al seno.

Anzi, speigano gli esperti, i professionisti del campo sanitario, sulla base delle più recenti evidenze scientifiche , possono dare messaggi chiari e coerenti sulla documentata sicurezza d'uso dei mezzi di contrasto in corso di allattamento al seno.

Allattamento in gravidanza: niente rischi
Sempre in tema di allattamento, la SIMP (Società di medicina perinatale) e il Tavolo Tecnico ritengono che per la maggior parte delle donne la coesistenza di gravidanza ed allattamento al seno risulti sicura per madre, embrione, feto e lattante.

Anche su questa materia è stato elaborato un documento che analizza cinque aspetti della questione dell'allattamento al seno durante la gravidanza:

- non è documentato in letteratura un aumentato rischio di aborto;

- in un paese industrializzato come l'Italia, nel quale le donne gravide sono generalmente sane e ben nutrite, non vi è un aumentato rischio di ritardo di crescita intrauterino (Iugr), né di malnutrizione materna;

- è possibile che vi siano dei cambiamenti di composizione del latte materno e una minor crescita del bambino allattato al seno. Se da un lato queste conseguenze sono documentate per i paesi a risorse limitate, non è invece noto se questo valga anche per un paese come l'Italia. Va tuttavia sottolineato che un bambino che succhi al seno materno della propria madre gravida lo farà in maniera esclusiva per qualche mese soltanto, dal momento che subentrerà l'introduzione di cibi semisolidi e solidi nella dieta (alimentazione complementare) a partire dal 6° mese di vita, verosimilmente prima o ben prima del 6° mese di gravidanza, quando in genere può subentrare una diminuzione significativa nella produzione di latte.

- non è documentato che la suzione al seno collegata all'allattamento al seno possa determinare parto pre-termine per attivazione delle contrazioni uterine;

- bisogna tuttavia considerare che i consigli individuali possono differire e che i professionisti dell'area sanitaria potrebbero prudenzialmente scoraggiare la coesistenza di allattamento al seno e gravidanza in donne con uno stato nutrizionale subottimale (per esempio adolescenti, donne con malassorbimento), nel caso di grave Iugr, in donne con storia di aborti ricorrenti o di precedente prematurità, se la gravidanza è gemellare, se vi è una minaccia di parto pre-termine. Bisogna però essere consapevoli che il lecito consiglio individuale di interrompere 'allattamento al seno manca ancora di evidenze scientifiche.