Dal governo

La salute secondo Matteo

di Roberto Turno

Da Enrico a Matteo, passando per Beatrice. Sfrattato dal suo stesso partito con una coda di veleni che è solo agli inizi in un drammatico giovedì 13 febbraio, Letta ha lasciato al caro nemico Renzi la poltrona di palazzo Chigi il giorno dopo, venerdì 14 febbraio. E come spesso capita nei romanzi noire, anche stavolta San Valentino non ha fatto sbocciare l'amore mai nato tra i due toscani-contro. Del resto, come poteva il santino dei cioccolatini favorire amorosi sensi tra Firenze e Pisa? Ben altri santi sarebbero serviti.

E allora eccoci al nuovo, un premier a soli 39 anni che si gioca la partita della vita. E quella dell'Italia, come dice lui stesso e come speriamo in tanti. Anche se tutto dipende da cosa vorrà fare con quel programma choc che ha annunciato in due soli mesi. Vedremo. Di sicuro la drammaticità della situazione (politica ed economica) che si apre ora, ci presenterà col nuovo Governo un conto non esattamente dolce, almeno nell'immediato, sperando che davvero stavolta si riesca a costruire l'ormai mitico «futuro»: occupazione, fisco leggero, spesa pubblica qualificata. E riforme, riforme, riforme...

Già, le riforme. Dove la sanità e il welfare, al di là di ciò che accadrà con la formazione della squadra di Governo e del destino della Salute ministero di serie A o di serie B , non saranno una partita minuscola. Anzi. Con quel «Patto» atteso alla prova da troppo tempo che ora, con la conferma (per la quale rema) della ministra Lorenzin, è da considerare sempre in pista. Matteo Renzi permettendo, che in ogni caso potrà intestarselo. E (nuovo) ministero dell'Economia concedendo. Che tutto procederà liscio, è presto per dirlo. Anche perché l'incognita su quanto il neo-premier imporrà, è grande come una casa. Insomma: qual è il Renzi pensiero sui destini della Sanità pubblica?

Domanda lecita, se solo si guarda al suo programma «Cambiare verso» in occasione delle primarie Pd di dicembre. Sarà per quell'eccesso di sintesi e di comunicazione efficace e così sbrigativamente twitteriana che lo anima, certo è che il premier-sindaco in quel librettino per gli elettori sulla Sanità ha preferito non dilungarsi. Salvo dire che «l'espansione dei diritti alla persona non può essere un'operazione a somma zero, in cui qualcuno vince e qualcuno perde: dev'essere al contrario un modo per far crescere l'intero Paese. L'altra faccia della medaglia dello sviluppo economico è infatti rappresentata da quello civile». E per questo «l'Italia deve costruire una cultura dell'inclusione». Chi ci capisce? E poi? E come? E che ne facciamo del Ssn e dei suoi guai, delle fughe da casa per curarsi, dei debiti, degli sprechi, della corruzione, del Sud che affonda, del personale senza contratto e di quello fannullone e di chi lavora troppo, della filiera industriale. E del federalismo sanitario, che se ne fa? Che ne pensa e che vuol fare Matteo?

Sicuramente Lorenzin vorrà mandare un appunto al suo nuovo premier che ha a lungo combattuto quando era "solo" sindaco e segretario del Pd. Qualcosa più di un tweet o di un sms arriverà a Renzi da Lungotevere Ripa. E le Regioni, poi, proprio quelle Regioni che Renzi, anima da sindaco, non si può dire che adori, che faranno? Le spine non mancheranno. Dopo che Enrico Letta, lasciando in eredità il suo "Impegno Italia" prima di dare l'addio, non ha scordato alcune notarelle su ciò che avrebbe fatto: il Patto da incassare entro marzo, la lotta al gioco d'azzardo patologico, la digitalizzazione, il completamento dei pagamenti della Pa alle imprese fornitrici soffocate dai crediti insoluti.

E così ora Matteo, forse affiancato da Beatrice, ma anche dal fido Davide Faraone delegato al Welfare per il Pd, dovrà rivelarci il suo pensiero sanitario. Sul Patto, per dire, si va allo stop agli ospedali sotto i 60 letti, ma al Sud non va giù. Si pensa di mettere mano ai dipartimenti e ai primariati. Farmaci e dispositivi sono nel mirino. Sul riparto dei fondi, ecco dalla Campania la pregiudiziale che per riconoscere la deprivazione e dare un peso maggiore alla popolazione giovane. Col resto del Sud che concorda e le altre Regioni che non ci stanno esattamente.

Belle grane. Senza dimenticare la spending review, che sembrava in rampa di lancio con Carlo Cottarelli, con l'aggiunta del fatto che il commissario alla spending con Saccomanni erano in urto (eufemismo) con Lorenzin che pretendeva di fare lei (e le Regioni) col «Patto» i risparmi, trattenendoli nel Ssn «per rilanciarlo e investire», col di più di un aumento dei fondi per 7,6 mld nel 2015-2016.
Cosa dirà adesso il Vangelo secondo Matteo?