Dal Governo

Maxi-benchmark per i costi standard

di Roberto Turno (da Il Sole-24 Ore)

Un maxi-benchmark anche tra 8 "regioni regine", quelle con i conti e tutti i fondamentali in regola, anziché l'attuale rosa delle cinque migliori. Un percorso di convergenza graduale di cinque anni per le regioni canaglia. Premi per chi sta dentro i paletti e tiene strette le briglie della spesa, ma anche per chi – sotto piano di rientro o commissariata – migliora servizi, qualità e conti. La promessa di poter conservare in cassa ogni anno i risparmi (eventuali) ottenuti. Saranno queste le regole auree dei costi standard in sanità che potrebbero essere applicate fin dal prossimo anno. Una marcia indietro rispetto ai principi che saranno applicati per il riparto (a fine anno) dei 108 miliardi del 2013, ma un passo avanti dopo la lunga paralisi di applicazione di un federalismo fiscale che pure ha lasciato parecchio a desiderare.

La sfida dei costi standard è ufficialmente aperta. La base della proposta, avanzata dalla Toscana, su cui i governatori hanno trovato un'intesa di massima, sarà però da condividere col Governo, a cominciare dall'Economia. E sulla formulazione della proposta c'è da scommettere che i governatori consumeranno gli ultimi confronti. Per far decollare dal prossimo anno i costi standard riveduti e corretti di asl e ospedali che prevedono un mix di costi e qualità, secondo la filosofia del progetto toscano lanciato dal governatore Enrico Rossi (Pd), servirà una modifica legislativa. Con un percorso già individuato: la legge di stabilità 2014, veicolo ideale e più rapido per farcela, a seconda della situazione politica complessiva. Ma ormai la strada è tracciata. Tutto sta a fare presto, anche perché, sciolto il nodo degli standard, potrà marciare più rapidamente anche il «Patto per la salute».

La proposta, ora da concordare in pieno col Sud – che da Caldoro (Pdl, Campania) a Paolo di Laura Frattura (Pd, Molise), reclama il valore dell'indice di deprivazione e le performance annuali – è intanto sul tavolo. Per il 2014 considererebbero anzitutto i risultati del 2012. Determinando costi e fabbisogni standard fra tre macro-livelli di assistenza, veri e propri indicatori di riferimento: assistenza sanitaria negli ambienti collettivi e di lavoro (5% della spesa), assistenza distrettuale (51%), ospedaliera (51%), da rideterminare ogni anno.

A fare da benchmark saranno tutte le regioni che non siano sotto piano di rientro (oggi sono 8 quelle a statuto ordinario), che abbiano garantito i Lea (livelli essenziali di assistenza) e siano in regola al tavolo col Governo. Nella valutazione entreranno anche spie di giudizio come qualità, quantità, appropriatezza ed efficienza dei servizi forniti per ognuno dei tre macro-livelli di cura. Ogni indicatore farà poi da standard per tutte le regioni. Quelle in piano di rientro avranno la chance di un percorso di convergenza di cinque anni per raggiungere gli standard nazionali, incassando così gradualità (e tempo) e la possibilità di meritare l'eventuale accesso ai fondi premiali se ogni anno daranno segnali di miglioramento. Premi che naturalmente andranno alle regioni in regola con i conti, se non peggioreranno. Questo il percorso di massima, con la promessa di mantenere in loco gli eventuali risparmi di spesa nella gestione della sanità locale.

La partenza nel 2014, come detto, è legata alla modifica legislativa da mandare in porto con la legge di stabilità, da subito, al Senato. Il precedente dei costi standard del 2013, del resto, deve far riflettere. Sono fermi da quasi un anno e alla prossima Stato-Regioni dovrebbero essere licenziati: peccato che il 2013 sia ormai agli sgoccioli. Sul tavolo c'è la rosa dei cinque petali (che scomparirà con la nuova proposta) e che vede nell'ordine: Umbria, Emilia Romagna, Marche, Lombardia e Veneto. Tra le cinque dovranno essere scelte le prime 3 per fare un benchmark che in ogni caso sposterà solo un pugno di milioni di euro. Il fatto è che di mezzo c'è la disfida leghista: Lombardia e Veneto non sono tra le prime tre, e del resto andrà trovato un punto di riferimento geo-politico complessivo per la decisione finale. Perché se Umbria e Marche insieme (piccole ed entrambe in mano al Pd) difficilmente saranno scelte, altrettanto vale per Lombardia e Veneto. Chi vincerà (o perderà) allora tra Roberto Maroni e Luca Zaia?