Dal Governo

Esiti, Perucci: «È dovere del Ssn garantire la qualità delle sue strutture»LA MAPPA INTERATTIVA DEI RISULTATI REGIONE PER REGIONE

di Sara Todaro

«Femore, cesarei, colecistectomie laparoscopiche... qualche miglioramento c'è stato. Per il resto anche quest'anno il Pne disegna il quadro di un Ssn ad altissima eterogeneità nella qualità dei servizi,con l'unica eccezione di Emilia Romagna e Toscana. Una novità importante viene dal Sud: è bastato che la Sicilia introducesse degli indicatori di esito nella valutazione dei Dg... Non è vero che il Sud non può cambiare». Carlo Perucci, responsabile scientifico del Programma nazionale esiti dell'Agenas tira le somme della IV edizione del rapporto e non si stanca di avvertire: «Attenzione: niente graduatorie né classifiche. Questo strumento non serve a indirizzare i cittadini verso le strutture migliori. Serve semmai a Regioni, Dg e professionisti per ragionare su come vanno le loro strutture e su cosa c'è da cambiare. E del resto chi è vittima di un infarto non va sul sito web per decidere dove farsi curare».

L'esempio dell'infarto non è casuale, vero?
Certo che no. Abbiamo appena mandato alle Regioni una lettera chiedendo di fare i controlli sia sulle strutture con la mortalità post infarto eccessivamente alta o eccessivamente bassa, ovvero inferiore al 3%, che è biologicamente impossibile.

Che dubbi avete?
In alcune case di cura del Sud viene diagnosticato l'infarto per giustificare l'iperproduzione di angioplastiche, che rappresentano un intervento efficacissimo, appropriato e salvavita negli infarti miocardici stemi, i più gravi. La casa di cura che ne produce di più a Napoli non fa parte della rete di emergenza e denuncia 109 infarti con una mortalità del 2%, quando sarebbe logico aspettarsi una mortalità media del 10%... così viene il dubbio che sia stata attribuita una patologia che non c'era.

Ma un dato oggettivo sulla qualità in qualche caso emerge?
Quando siamo molto sicuri sulla qualità dell'informazione c'è una valutazione esplicita della qualità dell'assistenza. L'esempio classico è la proporzione di anziani con frattura del femore operati entro 48 ore, come prescritto da tutte le linee guida internazionali. Nel 2005 partivamo da un dato inferiore al 30%; nel 2012 siamo faticosamente arrivati a superare il 40%. Ma ci sono ospedali come la Clinica poliambulanza di Brescia dove la percentuale si avvicina al 90% - è un dato da Paese civile - e anche grandi ospedali dove la stessa probabilità scende al di sotto del 5%. Questa è una delle aree dove c'è stato un chiaro miglioramento dal 2010: oggi ci sono aree dove va tutto meravigliosamente bene come la Toscana, Trento, Bolzano, larga parte dell'Emilia Romagna, le Marche.

Regioni dove i servizi sono migliori?
Meglio dire le Regioni che si sono impegnate di più su questo fronte. Qui vale l'esempio della Sicilia: nel giro di un anno è passata da meno del 20% a oltre il 50% di interventi su fratture di femore a meno di 48 ore. Semplicemente perché la Regione ha messo tra gli obiettivi dei direttori generali questo indicatore. Questa è una delle classiche aree dove se vuoi puoi. È un problema organizzativo non di difficoltà clinica. Si tratta a esempio di costringere gli ortopedici a dare la priorità ad alcuni interventi piuttosto che agli interventi elettivi. Credo che questo sia un fortissimo effetto del programma esiti: aver pubblicato i dati e aver indotto le Regioni a intervenire. Nel 2011 andavano benissimo Toscana, Bolzano, Marche, Friuli mentre la Sicilia, la Calabria e la Campania erano in una situazione disastrosa (sotto il 20%). Nel 2012 nella lista dei best performer - 31 ospedali che stanno sopra il 75% - compaiono anche 5 ospedali siciliani e 4 del Lazio, tra cui il Sant'Eugenio, divenuto best performer nazionale 2012 a quota 94% grazie all'adozione di uno specifico programma.

Insomma basta l'organizzazione...
Non è solo organizzazione. Si tratta anche di dare indirizzi precisi agli operatori. Intervenire sui vecchietti è rischioso e non si fidelizza nessuno. Comunque il miglioramento c'è stato: nel 2011 c'erano 33 ospedali sotto il 5%: tra questi c'erano strutture grandissime come il Cardarelli di Napoli, il S. Paolo di Bari, l'Ingrassia di Palermo, l'ospedale di Sassari, l'ospedale dell'Angelo di Mestre. Nel 2012 gli ospedali sotto il 5% sono solo 13, quasi tutti in Campania.

Altri esempi di cambiamento?
Un altro caso eclatante è quello del cesareo. Tre anni fa Governo e Regioni hanno siglato una Intesa che prevedeva non ci potessero essere maternità sotto i 500 parti l'anno e che tutti dovessero tendere ad andare oltre i mille. A due anni di distanza restano più di 100 strutture pubbliche o accreditate con meno di 500 parti l'anno e ci sono più di 200 strutture che stanno tra i 500 e i mille parti. In Sicilia ci sono 15 ospedali, di cui 11 pubblici e 4 accreditati, che stanno sotto i 500 parti. Tra questi c'è anche l'Ospedale Basilotta di Nicosia: un ospedale da 280 parti l'anno dove questa estate è deceduta una donna sottoposta a cesareo. Il problema non è che questi ospedali sono costosi, ma che sono pericolosi.

Ma allora servirebbero le classifiche.
Non credo alle graduatorie, lo ripeto, soprattutto nei confronti dei cittadini. Se tu ministro, assessore, direttore generale sei il proprietario di alcune strutture di produzione e sei anche quello che ne accredita altre, non puoi dire ai cittadini "scegliete tra strutture tra cui io so essercene alcune con pessime performance, perché sono mie". Il primo dovere del Ssn è garantire che le proprie strutture abbiano standard di qualità sufficienti.

Altre novità tra i risultati 2012?
La colecistectomia laparoscopica che ormai è l'intervento d'elezione: l'indicatore valuta la proporzione di colecistectomie laparoscopiche che dopo l'intervento stanno in ospedale meno di 3 giorni. Questa proporzione è passata dal 52% nel 2007 al 61% nel 2012 e va progressivamente migliorando con grosse differenze tra Regioni. Chi va meglio in assoluto è la Toscana, con una media regionale quasi dell'85%: in Molise è del 30%, in Calabria è del 40%. Ma ci sono ospedali sotto il 10% nel Lazio, in Puglia, in Campania, in Sicilia. Però ormai questo intervento si fa anche in day surgery. Negli Usa è la regola. La Toscana è la migliore anche su questo fronte. Da Lazio in giù, invece, questo tipo di intervento è quasi sconosciuto, tranne in Basilicata. Best performer è l'ospedale di Tolentino, nelle Marche, a quota 97%.

Restiamo sulla chirurgia.
Anche in questo caso ci sono problemi di appropriatezza. A esempio per quanto riguarda il tumore gastrico maligno, le linee guida internazionali dicono che vanno operati in chirurgie con oltre 20 interventi l'anno: ma ci sono 400 ospedali con meno di 15 interventi l'anno. Il problema non sono tanto e solo i piccoli ospedali, bensì le piccole unità operative dei grandi ospedali. Nel 2011 all'Umberto I di Roma ci risultano 15 primari chirurghi che intervengono sullo stomaco: nessun reparto supera i 20 interventi l'anno. Altro tema gigantesco, le cardiochirurgie sono un altro argomento gigantesco. Prendiamo la mortalità a 30 giorni dopo by pass aorto-coronarico isolato: ci sono cardiochirurgie italiane anche molto grosse che navigano con mortalità inferiori all'1%. E sono in tutte le Regioni italiane. Viceversa ci sono 6 cardiochirurgie della Campania che hanno una mortalità superiore al 5%. La più critica è Caserta, con una mortalità aggiustata di quasi il 15%. Questo è uno strumento potentissimo anche nei confronti dei professionisti: una delle cose evidenti in letteratura è che la pubblicazione di questi dati incide sulla reputazione… E solo se c'è in ballo la reputazione i professionisti si impegnano a cambiare.

Torniamo ai cesarei.
Tra il 2005 e il 2007 erano il 29,6%, nel 2012 sono scesi al 26,3%: una diminuzione del 3% è un dato notevolissimo. Ci sono grandi strutture del Nord che navigano sotto il 10-15% di cesarei. E non è comunque una situazione estrema quella di navigare sotto il 20%. In Campania invece la situazione è peggiorata: tutte le strutture navigano sopra il 50%. L'ospedale di Marcianise è al 62% di cesarei; Villa Bianca con 1.200 parti è all'84%. A Villa Cinzia la via vaginale al parto è stata quasi abolita: 93%.

Un oroscopo per gli esiti 2014?
Nei sistemi sanitari nulla cambia rapidamente: servono programmi di lunga durata e stabilità... Il più grosso regalo che potremmo fare alla salute degli italiani è la chiusura delle maternità con meno di 500 parti l'anno. Ma questo richiede molta volontà e una azione politica forte. Che finora sono mancate.

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