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Ddl concorrenza, necessarie più tutele per utenti e filiera

di Ettore Jorio (Università della Calabria)

Il testo del Ddl sulla concorrenza è stato licenziato dal Consiglio dei ministri nella seduta del 20 febbraio e sarà, di qui a poco, in Parlamento per l'approvazione. Un'ipotesi legislativa, nella parte che ha riguardato la modifica della disciplina sull'esercizio delle farmacie, preceduta da una disputa ideologica e da un confronto scientifico/istituzionale non di poco conto. Una soluzione, quella che erige a unici destinatario/beneficiario le società di capitali (art. 33), non affatto in linea con le "minacce" della vigilia ma soprattutto ben lungi dall'essere strumentale alla difesa dei consumatori, così come invece affermato negli elementi motivazionali rappresentati nella relazione illustrativa.

Insomma, dopo tanto contendere "la montagna partorì la tigre" (Roberto Turno dixit). Una fiera nei confronti della quale il sistema dovrà proteggersi. L'avere, infatti, consentito alle società di capitali di acquistare liberamente le farmacie che vogliono e dove vogliono, limitandosi a farle dirigere da un farmacista idoneo, costituirà una pericolosa novità con la quale tutti dovremo fare i conti. Il sistema delle farmacie perché sarà sotto il tiro di un'offerta "indecente", nei confronti della quale non sarà facile resistere, tendente a riunire sotto un unico cartello più farmacie possibili, funzionale a governare la politica dei prezzi. La sicurezza nazionale perché sarà impegnata a distinguere l'aggressione meramente capitalista da quella che sottintende l'utilizzo di danaro proveniente da attività delittuosa, sempre più interessata a lavare i propri panni nell'ambito della sanità. I cittadini perché dovranno difendersi da un sistema fondatamente imprenditoriale tendente a vendere ciò che più le conviene e al minore prezzo possibile, in quanto tale pericoloso per l'incentivazione al consumo dei medicinali. I piccoli Comuni, infine, perché dovranno fare anche essi i conti con la naturale legge che contrappone la domanda all'offerta che determinerà una difficile sopravvivenza dei loro esercizi farmaceutici unici.

L'avere ricondotto la farmacia alla stregua di una qualsiasi altra impresa consentirà alla Gdo di riassumere il relativo servizio sotto il proprio marchio, approfittando in questo periodo delle segnate debolezze economico-finanziarie che inducono a percorrere sempre più frequentemente le procedure concorsuali, alla scopo di evitare decimazioni fallimentari. Gestirle sarà facile, atteso che sarà sufficiente preporre alla loro direzione un farmacista abilitato. Un modo, questo, per le multinazionali di settore specifico e/o affine di rendersi condottieri egemoni, a prezzi (quasi) stracciati, dell'intera filiera della somministrazione del farmaco al pubblico ovvero di conquistare una rilevante quota del mercato specifico.

A bene vedere, un Ddl che espone a rischio il sistema delle farmacie, gli attuali suoi protagonisti e gli utenti destinatari a tutto vantaggio dell'accentramento indiscriminato delle titolarità delle farmacie in capo al capitalismo mercantile.

Lo fa peraltro con una lettera non propriamente esaltante, se non addirittura inidonea a conseguire l'obiettivo preteso, specificatamente quello di rendere le società speziali libere e indisturbate nell'acquisire un numero illimitato di farmacie. Al riguardo, una ingenuità commessa nell'elaborazione del precetto relativo, dal momento che la semplice abrogazione del limite numerico di quattro titolarità, fissato dal comma 4 dell'articolo 7 della legge 362/1991, non renderà possibile il perseguimento dell'obiettivo. Ciò in quanto riporterà in vita la primitiva monotitolarità estesa a chiunque.