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Spending review in sanità: la differenza tra "taglio" e "riduzione degli sprechi" la fanno i manager

di Davide Integlia (direttore Area Innovazione I-Com)

Le voci insistenti di un nuovo consistente taglio al Fondo Sanitario Nazionale hanno messo in allerta in primis i governatori delle Regioni, e poi tutti gli altri stakeholder del Ssn. Il dibattito in queste ore ruota attorno a che tipo di tagli il governo abbia pensato.

Il Governo comunica che vuole evitare i tagli così come gli sprechi, i Governatori insistono che sono tagli, ossia riduzioni di budget per i servizi. Anche se poste come due posizioni differenti, da un punto di vista contabile "taglio" e "riduzione di sprechi" potrebbero non avere alcuna distinzione, finendo addirittura per essere un ridicolo gioco di parole per dire la stessa cosa, ossia ridurre l'erogazione di risorse per i servizi.

Ma da un punto di vista gestionale la distinzione c'è, e chi gestisce i servizi può rendere una riduzione di risorse una mera diminuzione di servizi sanitari e di assistenza, o può ridurre gli sprechi.

Quest'ultima operazione non certo è facile, necessita di una reingegnerizzazione dei processi organizzativi in capo alla Regione e di nuove procedure per l'erogazione dei servizi nelle singole Asl, e a cascata in tutte le strutture sanitarie e di assistenza i cui servizi sono rimborsati dal Ssn. Se è vero che la legislazione italiana e le condizioni generali lasciano pochi margini di manovra nella riorganizzazione dei servizi (tempestività del Ssn a rimborsare i servizi delle strutture, capacità di ricollocare il personale sanitario, flessibilità dei vincoli finanziari) è pur vero che le Regioni possono impegnarsi in alcune operazioni di controllo e valutazione delle performance che permetterebbero di allocare le risorse in maniera molto più efficiente, e dunque evitare gli sprechi (valutazione degli impatti clinici ed economici della tecnologia sanitaria utilizzata, digitalizzazione, controllo di gestione efficace in capo alla regione, monitoraggio della aderenza dei pazienti ai trattamenti al fine di ridurre l'eccessivo ricorso a servizi sanitari, incrementare la domiciliarizzazione delle cure evitando sovraffollamento nelle strutture sanitarie e riducendo in questo modo i costi, e tante altre operazioni).

Rimane comunque il punto che le Regioni non possono agire da sole. Servono input chiari da parte dello Stato e anche un maggiore coordinamento tra Regioni e livello centrale. Per questo è più che opportuno realizzare una vera e propria centrale acquisti nazionale, così come si sta ipotizzando, con un sistema chiaro di valutazione costo-efficacia delle forniture che non comprometta ma addirittura rafforzi la capacità di interlocuzione tra Stato e Regioni in un confronto diretto, dati alla mano, dell'opportunità di scegliere determinate forniture rispetto ad altre, e con una sempre maggiore capacità di condivisione delle best practice sia nelle procedure di valutazione, che nelle scelte delle migliori forniture.

Questo tipo di intervento è dunque condivisibile, e risponderebbe a una logica vera di riduzione delle inefficienze, mentre l'aumento del ticket (altra ipotesi che circola in questi giorni) non appare condivisibile, perchè renderebbe la riduzione delle risorse in sanità un taglio indiscriminato che si trasferisce direttamente ai pazienti e non influisce di fatto sul processo di individuazione e riduzione degli sprechi del Ssn.