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Manovra Renzi: attenzione che la medicina non sia peggiore dei mali

di Ettore Jorio, Università della Calabria

Come si aveva avuto modo di sottolineare in precedenti interventi (si veda, da ultimo, Il Sole 24 - Ore Sanità del 18 marzo 2014), la sanità non potrà essere esente da un consistente intervento diretto di spending review. Ciò a prescindere dalle pretese del ministro Beatrice Lorenzin e delle Regioni di dover fare tutto in casa all'insegna «che quanto si risparmia deve rimanere nell'ambito regionale specifico» (che, peraltro, appare giusto!).

Insomma, il problema delle revisione della spesa è generale e, in quanto tale, deve essere trattato e, pertanto, inserito nel più ampio progetto generale di ottimizzare la spesa pubblica.

Da qui, i tagli immediati previsti da Governo Renzi di 2,4 miliardi nel biennio e di quelli ulteriori da individuare in sede di definizione del Patto per la Salute. In breve, il bisturi deve affondare sensibilmente nelle "carni" del Servizio sanitario nazionale, fonte di spreco sia al centro che nel sistema infra-statale.

Il problema sta nel ben capire ove si suppone di tagliare e ove, invece, si trascura di farlo. Non solo. Bisogna ben comprendere se la "medicina" diverrà peggiore dei mali, intendendo per tale l'area di intervento specifico della riduzione dei costi. E ancora. Se, a fronte dei tagli, verrebbero o meno a realizzarsi un peggioramento dell'assistenza (già malata nella metà del Paese) e l'ingiustizia conclamata di lasciare in piedi le vere fonti di spreco a fronte della eliminazione di ciò che realmente serve. Queste sono le verità e le preoccupazioni!

Detto questo, vediamo di analizzare, compatibilmente con gli spazi disponibili, i programmi di spending review e la regolazione, anche costituzionale, che sarà più utile.

Non servirà a nulla, anzi danneggerà lo status quo delle poche eccellenze residuate ridurre le retribuzioni ai dirigenti medici del Servizio sanitario nazionale, perseguire il risparmio (solo) nominale da conseguire attraverso l'accorpamento degli acquisti di beni e servizi nonché intervenire con misure generalizzate di "ottimizzazione" teorica della spesa.

I dirigenti medici vanno retribuiti come è doveroso fare, in specie quelli ospedalieri, che rappresentano la parte "eroica" del sistema che, grazie a loro, non affonda.

Centralizzare gli acquisti su base regionale senza imporre nuove metodologie serve a poco, atteso che si potrebbe correre il rischio di ritrovare riuniti in unica sede tutti i mascalzoni distribuiti nelle sedi periferiche. Il male ha la capacità di riorganizzarsi velocemente, così come insegna la onnipresente corruzione alla quale si è pensato finalmente di contrapporre un riparo legislativo.

E' la metodologia degli acquisti che va modificata, utilizzando al meglio aste on-line che prevedano prezzi e condizioni confrontabili quotidianamente, tali da essere un leale strumento di libera concorrenza e di conseguimento di un mercato reale che privilegi il meglio al minore prezzo.

E' la metodologia della prorogatio che va espulsa definitivamente con centinaia di milioni di euro regalati negli appalti che non si perfezionano in relazione ai lavori di non alto profilo (esempio: pulizia, lavanderia, manutenzioni). Allo stesso modo va detto basta alle esternalizzazioni per altrettanti milioni di euro attraverso le quali si dribbla il blocco del turnover e si fanno clientele.

Se si vuole intervenire sulla spesa occorre espellere (seriamente) la politica dalla sanità, tagliare le retribuzioni megagalattiche dei manager, incapaci di garantire gestioni corrette in termini di risultato, cancellare le retribuzioni premiali immeritate oggettivamente perché senza conseguimento di obiettivi reali, mettere in soffitta l'aziendalismo e riportare allo Stato ogni tipologia di controllo. Poi, occorrerebbe, infine, capire che ci stanno a fare "i Cnel" della salute (esempi: l'Agenas, gli advisor nelle Regioni da sempre allo stesso pessimo modo, i sub commissari inutili, i Tavoli di monitoraggio) che valgono quanto i costi di mantenimento di un ospedale che potrebbe esserci e non c'è.

A tutto questo potrà contribuire la prossima revisione del titolo V, parte II, della Costituzione, che – così come pare stia prevedendo nella sua ultima riedizione (31 marzo 2014) – farà diventare uno Stato forte, posto a baluardo delle enormi diseconomie prodotte dalle Regioni nel loro complesso e dalle Aziende della Salute che di aziende non ne hanno neppure l'odore (si veda Il Sole-24 Ore Sanità dell'8 aprile 2014).
Ettore Jorio – Università della Calabria