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Piani di rientro: i veri commissari fuori dalla politica

di Gianni Giorgi (esperto management) e Francesco Longo (docente Cergas Sda Bocconi)

Quando il cosiddetto commissariamento di una Regione in Piano di rientro dai disavanzi sanitari perdura da anni, c'è qualcosa che non funziona. È questo, a esempio, il caso della Regione Lazio dove la Gestione straordinaria commissariale della sanità regionale è iniziata nel 2008.

Il Piano di rientro (Pdr) del Lazio risale al febbraio 2007 e il successivo commissariamento è stato deliberato l'11 luglio 2008, esso doveva a norma di legge protrarsi per non più di tre anni. Ha visto l'avvicendarsi nel Lazio di sei Commissari, di cui 4 nell'ultimo anno. Due politici, in quanto presidenti della Regione, e due tecnici, questi ultimi sono durati in carica ciascuno meno di tre mesi. I Tavoli governativi trimestrali e annuali di verifica degli adempimenti del Piano di rientro continuano a evidenziare ritardi e criticità. Una gestione commissariale con questa durata e instabilità, simile a molte altre Regioni in Piano di rientro (pensiamo alla Campania), dimostra chiaramente due cose:

- che questo tipo di commissariamento, il cui attuale assetto normativo della governance è imperniato sulla figura del presidente che commissaria la stessa Regione di cui è presidente, non è efficace; non è cioè in grado di avviare la rigenerazione del servizio pubblico (vero obiettivo del commissariamento, dal momento che i disavanzi regionali non hanno influenza sul debito pubblico in quanto determinano aumenti automatici, a ripiano dei disavanzi, delle aliquote regionali Irpef e Irap);

- che non siamo di fronte a un vero commissariamento, per definizione straordinario, ma a uno stravolgimento istituzionale nel rapporto tra Governo nazionale e Governo regionale.

Il Commissariamento è lo strumento essenziale, indispensabile e fondamentale per gestire i default di parti basilari di servizio pubblico, pena il fallimento dello Stato o della Regione nel suo insieme. Esso, però, per essere efficace, deve avere obiettivi e strumenti adeguati per la ristrutturazione del Ssr, essere veramente "tecnico" e rivolto a consegnare in tempi prefissati all'ente Regione un servizio pubblico aziendalizzato e risanato. Invece le performance regionali, che grazie al monitoraggio della spesa sanitaria del Tavolo "Massicci" sono ora decisamente più certe e trasparenti, evidenziano che lo strumento Piani di rientro e commissariamenti non agisce come vera leva di ristrutturazione aziendale dei Ssr.

I Piani di rientro sono agiti come un insieme di adempimenti e non piani strategici, e portano di fatto a una deresponsabilizzazione rispetto ai risultati sanitari e alla qualità dei servizi, focalizzandosi al massimo sul miglioramento dell'equilibrio finanziario di breve periodo. Un sistema sanitario regionale in disavanzo strutturale deve soprattutto rimodulare la geografia dei propri servizi: chiudere ospedali piccoli e unità operative in sovrannumero, investire in cure intermedie e primarie, sviluppare il settore socio a parziale carico delle famiglie, definire chiaramente la missione di ogni azienda del sistema, pubblica e privata accreditata. Il risanamento richiede lo sviluppo di un management di sistema, in rete tra di loro e con la Regione, capace di attivare processi di sviluppo professionale, di crescita del senso di appartenenza di tutti i dipendenti, di definire un percorso ordinato e oculato di investimenti tecnologici e rinnovo infrastrutturale (riducendo il numero di presìdi sanitari attivi). L'attuale meccanismo di governance dei commissariamenti impedisce invece la reale e profonda ristrutturazione dei sistemi. Occorrerebbe cambiare prospettiva:

- assegnare il potere gerarchico a un vero commissario tecnico esterno al quale si diano pieni poteri sia sull'assessorato, sia sul governo delle Asl e degli ospedali, sia sulla stipula dei contratti con il privato accreditato e sulla gestione del contenzioso;

- attribuire al commissario la scelta e la nomina dei direttori generali delle aziende sanitarie, con l'ausilio di definiti meccanismi meritocratici, per una durata pari al suo mandato;

- indicare un tempo limitato per il commissariamento (3-4 anni) con obiettivi annuali sfidanti e realistici, rispetto ai quali il commissario ha pieni poteri nel rispetto delle norme costituite;

- spostare il focus degli obiettivi dal solo taglio di spesa per singolo fattore produttivo alla rimodulazione dei servizi, alla crescita delle competenze dei professionisti e della qualità dei servizi, nel rispetto di realistici vincoli finanziari.

In altri termini, vanno assegnati più poteri diretti a un vero commissario, per meno tempo ma in un clima di stabilità istituzionale, per poi restituire l'esercizio delle prerogative di governo ai rappresentanti legittimamente eletti. In altri termini va ristabilita la fisiologia che assegna (i) alla politica il dovere di stabilire le regole generali, gli obiettivi, le risorse pubbliche a disposizione e (ii) alle "arti" sanitarie e manageriali la piena responsabilità della gestione e della qualità del servizio assicurato, in primo luogo, attraverso l'attuazione del principio etico e meritocratico tra i professionisti e gli attori del sistema. Inizialmente questi princìpi vengono gestiti nella relazione Governo nazionale-commissario; ristrutturato il sistema regionale (e non solo risanati i conti) gli stessi princìpi devono valere nella relazione presidente/Giunta-direttori generali.